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Attività

Le politiche di sicurezza in Germania e il futuro della “Bundeswehr”

    Presentazione del “Libro Bianco” del Governo Federale di Germania (luglio 2016)
    • Roma
    • 22 Novembre 2016

          Un obiettivo centrale di documenti come il Libro Bianco tedesco è la costruzione del consenso politico per le politiche di sicurezza e difesa. Si tratta di un obiettivo particolarmente difficile in una fase di forti vincoli di bilancio, con un’opinione pubblica (come in quasi tutti i Paesi europei) preoccupata su vari fronti e spesso propensa a criticare i governi anche a prescindere dal merito delle scelte specifiche.  Intanto, la natura variegata e in rapida evoluzione dei rischi e delle minacce internazionali richiede una visione ampia e articolata della sicurezza – motivo per cui l’insieme governo tedesco, in tutti i suoi dicasteri, è stato coinvolto nella redazione del documento.

          Il Libro Bianco punta decisamente su forme di intervento precoci e preventive, per cui proprio gli strumenti diplomatici e la sinergia di diversi mezzi risultano assai più efficaci rispetto all’utilizzo dello strumento militare in modo isolato. Il quadro delle istituzioni multilaterali aggiunge una fondamentale componente sia di legittimità (giuridica e politica) sia di efficacia nella gestione di crisi complesse o altre fonti di instabilità.

          Il documento – pubblicato di recente –  riflette la volontà del Paese di assumersi maggiori responsabilità di sicurezza internazionale e sviluppare le capacità adeguate per fare da “framework nation” in contesti multinazionali, pur restando in linea con i criteri definiti dalla Costituzione della Repubblica Federale per l’impiego della forza militare.

          In ogni caso, la collaborazione con gli alleati è una priorità chiaramente riconosciuta dalla Germania, sia in ambito europeo che in ambito atlantico, tenendo fermo il principio della piena compatibilità e complementarietà tra NATO e UE – anche in considerazione della realtà dei bilanci e delle capacità effettivamente impiegabili.

          Le modalità con cui perseguire un’azione congiunta con i partner sono poi molteplici e possono variare: dalle missioni ad hoc all’addestramento in comune (comprese le catene di comando),  sempre più spesso nella logica del “pooling and sharing”. I processi di acquisizione degli asset e la relativa pianificazione pongono una sfida particolarmente complessa, come confermano le esperienze europee e internazionali, con esiti non sempre soddisfacenti. Anzitutto, le politiche industriali presentano ovviamente forti elementi competitivi anche tra paesi partner e alleati, a maggior ragione in un periodo di crescente concorrenza globale nel settore della difesa e delle alte tecnologie. Vanno poi considerate le esigenze tecniche dei processi di acquisizione e sviluppo dei sistemi d’arma e delle piattaforme che rendono ardua una piena armonizzazione.

          L’integrazione europea è comunque vista – dalla Germania come dai maggiori partner continentali – come una strada obbligata per aumentare l’efficacia concreta degli apparati di difesa, ma pur sempre una strada con alcuni ostacoli ancora da superare. Il nodo cruciale che finora ha frenato questo processo è quello della politica estera comune, dunque delle decisioni politiche che vanno prese a monte della difesa e della sicurezza per orientare poi le scelte più tecniche. Un vero impegno nella definizione comune degli interessi, e dunque nella valutazione dei rischi e delle possibili contromisure, necessita di ulteriori sforzi di convergenza. In tal senso, i leader politici sono stretti tra due logiche discordanti: quella del consenso interno (che spesso spinge a scelte nazionali presumibilmente a tutela della sovranità, almeno nel breve periodo) e quella delle “economie di scala” (dunque della condivisione della sovranità e delle responsabilità) a fronte di scenari regionali e globali oltre la portata di ciascun singolo Paese.

          La Germania è impegnata in un processo di trasformazione profonda delle forze armate – per certi versi, nel fattore umano ancor più marcata che in quello tecnologico – sia per dotare i professionisti in uniforme dei migliori strumenti possibili, sia per coltivare uno stretto rapporto con il resto della società (tanto più necessario quanto più aumenta il livello di professionalizzazione  e specializzazione dello strumento militare). In questa ottica sta assumendo importanza crescente il settore della cyber-sicurezza, particolarmente complesso sul piano tecnico come su quello legale, viste le inevitabili ramificazioni transnazionali di qualsiasi intervento nel dominio “cyber” e l’intreccio con importanti interessi economici oltre che diritti civili.

          Nel prossimo futuro si dovrà probabilmente dedicare maggiore attenzione ad alcune questioni, per ora rimaste in secondo piano almeno nell’impianto del Libro Bianco: tra queste, la “zona grigia” tra i ruoli precipui delle forze armate e quelli delle forze di polizia nella gestione dei confini (a fronte delle minacce terroristiche, ma anche dei flussi migratori più massicci), la definizione degli interessi tedeschi (e per molti versi europei) in aree di crisi come la Siria, gli assetti della sicurezza paneuropea (soprattutto in riferimento ai rapporti con la Russia), il problema delle armi nucleari (e dei rischi di proliferazione) su scala globale.

          Nell’insieme, emergono molti paralleli tra le linee-guida fissate nel Libro Bianco tedesco e quello italiano del luglio 2015, come anche tra i dibattiti (a livello tecnico, politico e dell’opinione pubblica) che li hanno preceduti e seguiti. Questo è un segnale ulteriore del fatto che una più stretta e sistematica collaborazione europea è una priorità condivisa, pur in forme flessibili e nel rispetto degli impegni (interni e internazionali) di ciascun Paese.

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