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Attività

L’America post-voto e i trend dell’economia

    • Incontro in modalità digitale
    • 12 Novembre 2020

          Non sarà un avvio semplice quello di Joe Biden alla Casa Banca. E non solo per il comportamento di Donald Trump. Ma essenzialmente perché i democratici hanno perso alcuni seggi alla Camera e le elezioni per il Senato in Georgia il prossimo 5 gennaio potrebbero assegnare i due posti mancanti ai repubblicani, ratificando quel divided government che renderebbe il cammino dell’agenda Biden – soprattutto in economia – molto complicato.

          Lotta alla pandemia e sostegno all’economia le priorità del Presidente eletto. Sul primo fronte Biden ha già nominato una task force di scienziati di altissimo livello e rafforzato la comunicazione sulle regole di distanziamento e sull’uso della mascherina, non come fatto politico ma come dovere sanitario. Sul secondo Biden dovrà concordare – se le suppletive in Georgia vedranno la vittoria del Grand Old Party – con Mitch McConnell  – leader della maggioranza repubblicana al Senato che Joe Biden conosce benissimo – non tanto il “se” – lo stesso Donald Trump si era impegnato a farlo senza successo – ma soprattutto il “quantum” del pacchetto di misure di stimolo all’economia.

          Donald Trump, pur sconfitto, non lascerà la scena politica e il partito repubblicano dovrà fare i conti con un Presidente uscente che già pensa ad un nuovo sistema media che esprima la sua visione populista e di destra dopo “l’abbandono” di Fox News e non esclude di ricandidarsi per il 2024.  Il Grand Old Party dovrà rivedere la propria strategia virando probabilmente verso una definizione di “partito della classe lavoratrice “: una visione che Donald Trump, in ogni caso, sembra voler sposare come ha già fatto Marco Rubio, uno degli altri aspiranti alla leadership repubblicana.

          Perché, in ogni caso, nelle elezioni della storia americana degli ultimi 120 anni con maggior affluenza alle urne Donald Trump è andato oltre i 70 milioni di voti. Con una campagna elettorale aggressiva e soprattutto svoltasi “in presenza”  – una scelta controcorrente in tempi di pandemia – con un focus essenzialmente economico: una scelta che gli ha permesso di recuperare molti degli errori commessi negli ultimi mesi di presidenza. Con una raccolta di denaro di 865 milioni di dollari contro il miliardo e 387 milioni raccolti dalla campagna di Joe Biden. Entrambi si sono affidati – ben il 75 % degli investimenti pubblicitari – alla vecchia ma sempre viva televisione – attribuendo un primato inatteso alla tv locale, dove sono stati presenti ben il 49 % dei messaggi. Ed entrambi hanno lasciato solo a percentuali appena sopra il 20% l’investimento sui celeberrimi Facebook e Google.

          Il cuore della campagna di entrambi è stato essenzialmente su temi interni e domestici. Joe Biden in politica estera cambierà certo il tono e il metodo, ma non sempre la sostanza: verso la Cina resteranno i nodi di sicurezza tecnologica e la necessità di contenimento della crescita a leader mondiale del gigante asiatico. Joe Biden proverà a coinvolgere – e non sarà facile – gli europei in una coalizione larga per giocare insieme la partita nei confronti della Cina. Non rinuncerà certo a tenere alta la bandiera degli interessi nazionali Usa sul fronte commerciale e di sicurezza, a partire da quella tecnologica. E all’Europa chiederà di fare di più. Non solo sulla Nato, come peraltro aveva chiesto ripetutamente Donald Trump, ma anche come attore geopolitico più efficace.

          L’agenda Biden per le politiche commerciali internazionali potrebbe prevedere delle  novità. In questo quadro vanno anche collocate le relazioni economiche Italia -Usa: un interscambio vicino ai 100 miliardi di dollari, maggiormente concentrato sul lato delle esportazioni italiane negli Usa. Se i dazi di Trump hanno portato danni ad alcuni settori, si auspica un nuovo approccio dell’amministrazione Biden, fermo restando che la firma italiana sotto l’accordo della Belt and Road Initiative non piace a Washington, chiunque sia l’inquilino della Casa Bianca. E non poche diffidenze solleva l’allargamento dei poteri della Golden Share da parte del Governo italiano, interpretata come un ostacolo agli investimenti Usa in Italia.

          Nell’esaminare il quadro dell’economia americana sono stati presentati dati interessantissimi: gli Usa chiuderanno il 2020 con un calo del PIL del 4% a fronte dell’8 % dell’Europa e di una crescita al 2% della Cina. Migliori le previsioni per il 2021 dove, anche in funzione di annunci sulla realizzazione del vaccino anti Covid-19, si prevede una ripresa generalizzata: + 7,6 % della Cina, 3,8% negli Stati Uniti e il 5% dell’eurozona. Nel periodo 2021-2030 si prevede un investimento di 2,4 trilioni di dollari in opere pubbliche.

          Sono in molti a dare per scontato che nell’agenda economica di Biden sarà presente anche un innalzamento della pressione fiscale: si prevede un ritorno della corporate tax al 28 % dall’attuale 21% e una diversa tassazione degli offshore earnings. Crescerà anche l’attività regolatoria dell’antitrust soprattutto a fronte del settore delle big tech.

          Per riportare il PIL Usa ai livelli pre-Covid bisognerà aspettare almeno il 2022, se non il 2023 così come dovrebbe avvenire per altri dati fondamentali: la disoccupazione dall’attuale 6,9 % deve tornare al 3,5% e la fiducia dei consumatori dall’81, 7 % al 101, %.

          Resta il fatto che se le elezioni suppletive per il Senato in Georgia darà l’esito previsto – vale a dire la maggioranza repubblicana in Senato e il conseguente divided governemnt – Joe Biden avrà bisogno di tutta la grande capacità di mediazione accumulata nella sua lunga esperienza politica per intervenire efficacemente al cuore dei problemi che, insieme alla vittoria, la conquista della Casa Bianca nel 2020 ha portato con sé.