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Attività

L’agenda digitale per lo sviluppo del Paese

    • Milano
    • 8 Ottobre 2012

          L’internet economy contribuisce al PIL dell’Italia per il 2%- lo stesso dato dell’agricoltura, ma con un potenziale almeno doppio che permetterebbe di raggiungere i livelli di Inghilterra o Svezia. L’introduzione del digitale nei processi aziendali ha creato in Italia 1,8 posti di lavoro per ogni posto eliminato, mentre negli Stati Uniti o in Inghilterra ne sono stati creati 2,7.

          Esistono, dunque, ampi margini di miglioramento, tutto a beneficio dell’economia, dell’occupazione e della società. Saper cogliere questo potenziale dipende ancora una volta dalla capacità di tramutare rapidamente ed efficacemente le misure previste dal Governo in iniziative concrete e in realtà funzionali.

          Innanzitutto è necessario mantenere nel tempo la forza propulsiva e la capacità di perseguire gli obiettivi dati. Da questo punto di vista il ruolo dell’Agenzia Digitale sarà centrale ma deve essere dotata di vera capacità di governance, sottraendola ai troppi attuali stakeholders. Solo così sarà possibile superare le criticità che pure esistono.

          Il digital divide risiede nella carenza di banda larga e nella disparità generazionale rispetto alla cultura digitale. Dal punto di vista delle infrastrutture materiali sarà molto importante decidere verso quale tecnologia far confluire gli investimenti e le modalità di attuazione al fine di evitare caos gestionale e spreco di capitali. Dal punto di vista culturale, è necessario attuare nuove politiche, anche attraverso il volontariato, mirate alle fasce di età più penalizzate per permettere loro di usufruire dei servizi connessi con lo svolgimento della vita sociale. Settore di grande rilievo è la prevista digitalizzazione del sistema formativo, per cui sarà determinante anche una riqualificazione del personale docente.

          Uno dei maggiori ostacoli è la reingenierizzazione e digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, oggi preda di un sistema informatico parcellizzato, dove solo il 20% è interoperabile e in cui le singole amministrazioni, anche per questioni di potere, sollevano difficoltà a mettere in comune i dati. Su questo ultimo punto sono auspicate misure di incentivazione per i virtuosi e sanzioni per chi non ottempera. A colore che sollevavano il dubbio sulla reale possibilità di digitalizzare comparti permeati da procedure molto complesse, è stato risposto che, in un simile processo, si possono anche ripensare le procedure.

          Indubbiamente la PA gioca un ruolo importante, ma è fondamentale riuscire a liberare gli animal spirits dell’economia attraverso la creazione di un ecosistema che faciliti le imprese capaci di sfruttare le potenzialità delle nuove piattaforme distributive. Incentivi alle start-up dunque, ma senza vincolarli all’età degli imprenditori: vi è, infatti, un mondo di possibili imprenditori “over forty” in grado di intraprendere e innovare. Il sostegno alle start-up deve, inoltre, passare anche attraverso la creazione di incentivi a chi investe in queste società, considerato che non può essere lo Stato – o almeno non solo – a supportare questo comparto.

          L’altro volano economico è rappresentato dall’e-commerce: un settore che in Italia rappresenta l’1,2% del PIL, ma che in Inghilterra e in Francia vale almeno 5 o 6 volte di più, con evidenti ricadute sull’export. Vi sono, dunque, ampi margini di crescita, soprattutto per un paese dove la forte presenza di PMI ben si coniuga con il previsto spostamento della vendita della pubblicità verso piattaforme locali, grazie ad un crescente uso del mobile. Quale migliore occasione dunque per puntare sul connubio tra strumenti digitali e settori storicamente di traino quali turismo e made in Italy. Vincere le diffidenze verso i sistemi di pagamento, migliorare l’efficienza della logistica e eliminare regimi fiscali penalizzanti rispetto all’economia tradizionale sono le parole d’ordine, emerse dal dibattito, per rilanciare il settore.

          La creazione di un ecosistema in cui televisione, smartphone, tablet e pc dialogano sulla base di un unico sistema operativo, sta ridisegnando i rapporti tra le persone, con la Pubblica Amministrazione e con il mondo del lavoro. In questa corsa – o evoluzione – inarrestabile in cui i contenuti sono fondamentali, non si può correre il rischio di rimanere ai margini o di non saper coglierne appieno le potenzialità economiche e sociali. Dopo alcuni anni di tentativi e una crisi economica in atto, questa probabilmente è l’ultima chiamata per l’Italia.

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