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Attività

La Sicilia lungo le nuove Vie della Seta

    • Palermo
    • 30 Settembre 2018

          I porti del mezzogiorno italiano, le strutture intermodali e i territori retrostanti hanno un’opportunità strategica nel contesto delle rotte mediterranee come crocevia dei traffici globali. Per cogliere tali opportunità sono necessarie scelte di medio e lungo periodo, con un impegno a livello governativo per assicurare i giusti incentivi, un adeguato quadro normativo, e una visione coerente degli interessi del sistema Italia. Non è sufficiente sfruttare la collocazione geografica vantaggiosa del Meridione, e della Sicilia in particolare: si devono valorizzare le connessioni con i centri produttivi e i mercati.

          Un particolare impulso a questi traffici, e agli investimenti nelle infrastrutture portuali, è arrivato negli ultimi anni dalla Cina, con la sua crescente presenza nei trasporti e nella logistica: una presenza che poggia comunque sulle capacità produttive – e dunque sulla garanzia di flussi massici e costanti di merci. La “One Belt One Road Initiative”, o “Belt & Road Initiative” (BRI), fortemente promossa dal governo di Pechino, è un progetto dai contorni non del tutto precisati: si tratta in effetti di una grande rete di itinerari in fase di graduale realizzazione che coinvolge molti paesi, dall’Asia all’Europa. Le vie della seta – nella loro corretta accezione plurale – sono oggi ben più di una suggestione storica, vista la forte integrazione delle filiere produttive globali, comprese quelle digitali. Non si deve dimenticare che il continente europeo rimane un’area con capacità tecnologiche di punta su scala mondiale, oltre che un’area di transito e un grande mercato. D’altro canto lo scenario globale sta cambiando profondamente, con il peso crescente dell’Asia e nuovi equilibri tecnologici e politici che finiranno per modificare le stesse regole del gioco – come indicano anche le tensioni commerciali degli ultimi mesi.

          Date le dimensioni e le implicazioni geopolitiche della BRI, l’iniziativa sta sollevando alcune preoccupazioni, in parte legittime, pur restando una proposta dal grande potenziale. E, dunque, il forte interesse dell’Italia e soprattutto del Mezzogiorno ad esserne parte attiva – cosa che ad oggi è vera in misura limitata, vista la scelta cinese di puntare sul porto del Pireo, sulla rotta adriatica verso l’Europa centrale, e su Spagna e Nord Africa per raggiungere le rotte atlantiche.

          Il Mediterraneo svolge in ogni caso un ruolo nevralgico, ma pone serie sfide alla capacità europea di programmare risposte coordinate che tengano conto, al contempo, delle specificità della regione e dei fattori competitivi con l’area del Nord e del Nord-est europeo. Il raddoppio del canale di Suez (2015), in particolare, rafforza le potenzialità della rotta meridionale dall’Asia e dal Golfo verso l’Europa.

          Ai flussi commerciali si devono aggiungere quelli turistici: la Cina ha oggi la maggiore popolazione turistica al mondo, e alcuni partecipanti hanno sottolineato che l’Italia – di nuovo, come vero sistema paese – deve organizzarsi in tempi rapidi per gestire in modo più efficace i rapporti con le controparti cinesi.

          La Sicilia ha un evidente vantaggio geografico rispetto alle rotte mediterranee, ma ad oggi non è dotata di un “porto hub” con un retroporto adeguato alle esigenze dei flussi odierni – mega-navi e necessità di smistare le merci su navi più piccole oltre che via terra. Più che in termini di singoli porti (Palermo/Termini Imerese, Catania, etc.) si dovrebbe ragionare in termini di gestione delle infrastrutture e del territorio della Regione rispetto, appunto, ai grandi flussi. L’integrazione interna al territorio è il primo passo essenziale per beneficiare dei grandi corridoi internazionali. È così che le specificità locali possono essere potenziate anche come punti di forza produttivi: nel caso siciliano, sono stati sottolineati soprattutto prodotti agricoli di alta qualità e pesca, oltre naturalmente all’industria del turismo.

          Lo stesso vale per il livello nazionale, nell’ottica di valorizzare le capacità produttive oltre che quelle di connessione: Taranto, Gioia Tauro, Napoli, sono anch’essi snodi e punti di connessione tra Italia ed Europa, come anche tra Asia e area MENA. A loro volta, i porti del Nord – Genova, Trieste, Venezia – sono naturalmente importanti in un’ottica di sistema integrato, soprattutto verso l’Europa centrale e settentrionale. Sono però comunque necessari, in tutti questi casi, collegamenti efficienti, soprattutto quelli ferroviari ad alta capacità. E ciò va visto anche in relazione al peso dell’Italia come secondo paese manifatturiero d’Europa, che aumenta il valore potenziale degli snodi.

          Esiste, dal 2017, la possibilità di dar vita a Zone Economiche Speciali (ZES) attorno ai porti – due sono già state costituite – e questa strada potrà essere perseguita al meglio se ne faranno parte sia il settore pubblico sia quello privato. È in corso uno studio di fattibilità per la costruzione di un aeroporto internazionale, che integrerebbe gli sforzi nel settore portuale e dei trasporti su gomma e su rotaia. Si tratta di iniziative su scala locale con un possibile notevole impatto nazionale e internazionale. A fronte di questi importanti sviluppi locali c’è anche, secondo diversi partecipanti, un ruolo fondamentale che può svolgere soltanto la UE, soprattutto verso la Cina e verso l’area MENA: è chiaro, infatti, che negoziare con le aziende (e dunque anche le autorità) cinesi è un’operazione sempre complessa, per cui una maggiore massa critica è spesso un aspetto essenziale.

          Alcuni partecipanti hanno evidenziato che la sostenibilità e l’adozione di tecnologie pulite sono aspetti decisivi nella realizzazione di nuove infrastrutture, passando per la pianificazione ambientale e l’economia circolare.

          La sponda Nord e quella Sud del Mediterraneo hanno caratteristiche complementari. Dovranno, quindi, rafforzare maggiormente i loro legami, formando un unico insieme geoeconomico con il resto del continente africano – e anche in tal senso la presenza cinese sta spingendo l’Europa ad adottare una visione più ampia e lungimirante dei propri interessi. Questo può realmente diventare il ruolo specifico della Sicilia, anche grazie alla sua storica sensibilità culturale.

          In tal senso, è stato sottolineato che Palermo, in particolare, ha vissuto una vera rinascita culturale negli ultimi anni: questo è il punto di partenza per una maggiore apertura verso il resto del paese e verso il panorama internazionale. Si deve ora passare ad una fase di maturazione della capacità di agire e decidere più efficacemente.

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