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Attività

La salute nel XXI secolo

    • Venezia
    • 22 Maggio 2015

          Salute e benessere sono elementi chiave per assicurare sviluppo e ricchezza all’Italia. La medicina negli ultimi anni ha fatto passi avanti incredibili grazie a nuove scoperte: basta pensare alle innovazioni permesse dalla mappatura del genoma che consentono di combattere con successo malattie fino a poco tempo fa incurabili.

          Per questo ė importante non caratterizzare il tema della salute solo in termini di spesa sanitaria, ma guardare la questione dal punto di vista degli investimenti; l’industria della salute, infatti, ė una grande opportunità per l’impatto positivo che può avere, sia sul benessere dei cittadini, sia sulla crescita del Paese grazie a processi innovativi e capitale umano di qualità. La farmaceutica, del resto, dopo essere stato l’unico fra i comparti industriali a crescere durante la crisi, continua a primeggiare per produzione, qualità e export.

          Contemporaneamente, però, i passi avanti della medicina si scontrano con un sistema sanitario che nei paesi occidentali presenta costi sempre meno sostenibili. L’Italia – nonostante sia la nazione europea che meno spende in salute – deve chiedersi come rendere sostenibile il proprio sistema universalistico, cercando meccanismi di contribuzione da parte degli utenti che vadano in direzione dell’equilibrio finanziario ma anche dell’equità, superando al contempo un servizio troppo frammentato in singoli sistemi regionali.

          Dopo decenni di proposte inattuate bisogna investire sulla prevenzione sia a breve sia a lungo termine, attraverso la promozione di uno stile di vita sano. Si tratta di un lavoro meticoloso che deve iniziare fin da prima della nascita e deve accompagnare i cittadini in tutte le fasi della vita attraverso un counseling attento che può contribuire ad anticipare e ridurre l’incidenza delle malattie.

          La prevenzione ė legata all’educazione: bisogna lavorare sulle giovani generazioni per promuovere la salute fisica e il benessere mentale, prendendo in seria considerazione un problema, quello delle dipendenze, cui viene dedicata ancora troppo poca attenzione. Altro tema centrale è quello della formazione: il capitale umano di qualità rimane un asset formidabile per la promozione della salute. I ricercatori italiani continuano ad avere livelli di produttività molto elevati, portando avanti una ricerca clinica che si colloca ai primi posti in Europa. Ė necessario, tuttavia, superare i problemi che ancora caratterizzano formazione e ricerca a livello universitario, incentivando il passaggio allo sviluppo delle idee e dei brevetti e promuovendo l’imprenditorialità a partire dalle aule universitarie. Per fare questo bisogna liberare l’accademia italiana dai vincoli che ancora la legano alle regole, ai tempi e alla burocrazia della Pubblica Amministrazione, favorendo partnership con il privato.

          Una ricerca universitaria meno ingessata e più competitiva può aiutare, poi, il sistema sanitario ad affrontare le sfide e le opportunità che vengono poste dalla tecnologia. I big data, in particolare, possono avere un ruolo nel migliorare la raccolta di informazioni sanitarie, promuovendo interventi più efficaci e riducendo la spesa. Si tratta, tuttavia, di un cambiamento nella relazione fra paziente e operatori sanitari che deve fornire adeguate garanzie in termini di raccolta di informazioni sensibili e di privacy. 

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