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Attività

La ricerca scientifica per la crescita dell’Italia

    • Milano
    • 23 Gennaio 2012

          Quello tra ricerca e sviluppo (R&S) è, almeno sulla carta, un binomio inscindibile. In qualsiasi disciplina, infatti, la ricerca – intesa come attività umana volta a scoprire o investigare con metodo scientifico oggetti, fenomeni o processi – ha un potenziale impatto sulla società. Tale effetto può essere – a seconda dell’ambito di intervento, della gamma di studi interessati e della natura del committente – proiettato su una dimensione di breve, medio o lungo periodo, misurato con indicatori oggettivamente rilevabili, connesso ai livelli di education e alla qualità dell’alta formazione del sistema che se ne fa carico. Indipendentemente da queste variabili, tuttavia, ciò che accomuna ogni tipologia di ricerca è la sua funzione di produzione di conoscenza e, dunque, il suo ruolo di catalizzatore della crescita, culturale o economica, delle comunità di afferenza.

          Concentrando l’attenzione solo sulla sfera pubblica, a queste caratteristiche generali si aggiungono alcuni tratti peculiari, la cui misurazione contribuisce alla valutazione  dello stato di salute del sistema della ricerca di uno Stato. Si tratta, in particolare, del gradiente di autonomia dagli interessi di parte, del livello di responsabilità rispetto ai possibili benefici per la società, della capacità di indirizzo sulle scelte strategiche e sulle politiche pubbliche del Paese in questione.

          Applicata nello specifico al caso italiano, l’analisi di questi tre indicatori, e delle rispettive sottocategorie, concorre a delineare un ritratto generale connotato da luci e da ombre, che comunque tendenzialmente si discosta dai luoghi comuni che talvolta finiscono con il condizionare il dibattito pubblico in materia. A dispetto di molte approssimazioni giornalistiche, infatti, la ricerca nazionale si contraddistingue complessivamente come di ottima qualità, collocando l’Italia tra i primi dieci Paesi del mondo nelle graduatorie internazionali ad hoc. A trainare questa buona performance è in particolare l’attività di alcuni centri e laboratori d’eccellenza, la cui competitività è dovuta a un mix di fattori legati a doppio filo a un ottimo sistema di governance e di management, all’adozione di una mentalità project oriented improntata al monitoraggio e alla valutazione attenta dei risultati, alle collaborazioni internazionali, alla qualificazione del capitale umano, sia in termini di selezione sia per ciò che concerne la progressione delle carriere dei ricercatori.

          A fare da contraltare rispetto a questi oggettivi elementi di vantaggio competitivo – inquadrabili nella cornice generale di una sostanziale indipendenza del sistema della ricerca pubblica nazionale da interessi partigiani, ma, come detto, tipici soprattutto di alcune realtà d’eccellenza – si riscontrano naturalmente criticità e fattori di debolezza solo in parte imputabili al nesso con le università e alla farraginosità del sistema degli atenei. Pesano, in particolare, un problema ormai cronicizzato di carenza di finanziamenti, tanto sui singoli progetti di ricerca quanto sul trattamento stipendiale dei ricercatori, una faticosa (e troppo spesso assente) interazione con il mondo dell’impresa, ma soprattutto una sostanziale difficoltà di raccordo con il decisore politico per tutto quello che riguarda l’inserimento dei temi connessi alla ricerca nell’ambito della mission generale del sistema Paese.

          Più semplicemente, ciò che negli ultimi anni sembra essere mancato in Italia – e che invece ha permeato in profondità l’orientamento delle politiche pubbliche dell’Unione europea in materia, con particolare riferimento ovviamente ai programmi relativi alla ricerca – è stata proprio la consapevolezza di quanto, in tempi di globalizzazione e rivoluzione tecnologica, il legame tra ricerca e sviluppo sia, come si diceva, inscindibile e costituisca un volano per la competitività delle moderne economie della conoscenza.  È sulla base di questa consapevolezza che ogni eventuale proposta volta a rafforzare la ricerca italiana, in particolare quella scientifica, deve muoversi: dagli incentivi per l’attrazione di cervelli dall’estero all’istituzione di tavoli interministeriali per coordinare e razionalizzare gli interventi di sostegno alla ricerca ai fini dell’interesse nazionale del Paese, dalla possibile riforma del valore legale dei titoli di studio fino a misure specifiche per favorire una migliore sinergia tra università, ricerca e impresa. 

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