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Attività

La bioeconomia tra sfide tecnologiche e produttive

    • Milano
    • 14 Novembre 2016

          Pressioni demografiche, depauperamento ambientale e riscaldamento globale mettono sempre più in discussione la sostenibilità dell’attuale modello di sviluppo. Dopo anni di dibattito sul tema, la bioeconomia sembra oggi offrire tanto un paradigma teorico quanto un piano d’azione concreto per lasciarsi alle spalle l’età del petrolio.

          La rivoluzione industriale del terzo millennio, inaugurata ufficialmente con gli accordi di Parigi del 2015, sarà trainata dalle risorse biologiche, con le biotecnologie industriali che ne saranno il motore. Attraverso l’utilizzo di risorse biologiche, provenienti dal mare e dalla terra, si possono produrre beni ed energia, abbracciando una pluralità di settori, dall’agroalimentare e dalla silvicoltura fino alla sempre più dinamica biochimica. La natura trasversale della bioeconomia rende possibile il ripensamento dei cicli di produzione di risorse naturali rinnovabili e della loro riconversione in cibo, mangimi, bioprodotti e bioenergie.

          Diventa cruciale, in tal senso, l’adozione di un’ottica sistemica che permetta di affrontare simultaneamente sfide per la società tra loro interconnesse quali sicurezza alimentare, scarsità delle risorse naturali, dipendenza dalle risorse fossili e cambiamenti climatici. In questo modo, si potrà dare un contributo significativo alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, ma anche alla rigenerazione del territorio, soprattutto nelle aree industriali dismesse.

          Nel 2012, la Commissione Europea ha adottato una strategia per sostenere la bioeconomia. L’obiettivo è quello di sostituire, entro il 2030, circa il 30% dei materiali e dei prodotti chimici fossili con risorse biologiche, diversificare il reddito degli agricoltori e creare circa 700.000 posti di lavoro nelle aree rurali. Grazie alla completa adozione di una economia bio-based, l’Unione Europea dovrebbe ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 50%, così come dovrebbe diminuire la dipendenza energetica del vecchio continente da risorse provenienti da Russia e Medio Oriente.

          L’Italia, che conta su un significativo patrimonio di competenze in ambito chimico, può giocare un ruolo importante nella bioeconomia sia dal punto di vista tecnologico sia produttivo. Negli ultimi anni l’Italia ha sviluppato una rete di soggetti pubblici e privati, che comprende imprese medio-grandi, start‐up, associazioni imprenditoriali, università, centri di ricerca e parchi tecnologici, con un elevato livello di collaborazione e scambio. Secondo alcune stime, questo ramo dell’economia rappresenta circa 250 miliardi di euro, impiega poco meno di 1,7 milioni di lavoratori, e vanta una maggiore diversificazione rispetto ad altri partner europei.

          Tuttavia, rimangono molte problematiche aperte.  Aumentare la produzione di biomassa, monitorare il rispetto degli standard qualitativi, sostenere la domanda di bioprodotti attraverso un sistema di appalti pubblici verdi e adottare un piano strategico nazionale per la bioeconomia sono alcune delle principali sfide che l’Italia dovrà fronteggiare negli anni a venire. Con pochi sforzi, e tanta lungimiranza, l’Europa, e l’Italia, potranno dare slancio e vitalità alla rivoluzione verde in atto.