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Attività

Il mercato del lavoro tra innovazione e sviluppo delle competenze

    • Milano
    • 4 Novembre 2019

          L’economia globale si sta misurando con mutamenti rapidi e profondi che ne stanno già rivoluzionando l’organizzazione produttiva. Lo stesso concetto di mercato del lavoro sembra superato in un mondo in cui il vero bene di scambio sono sempre più le competenze delle persone. Ma se la domanda delle aziende più innovative si concentra sui talenti, non è possibile pensare al futuro senza politiche capaci di affrontare la transizione che la grande maggioranza dei lavoratori dovrà affrontare nell’adeguarsi ai continui mutamenti imposti dalla digitalizzazione.

          Questi grandi cambiamenti richiedono, infatti, nuovi e più adeguati strumenti di welfare, soprattutto per un Paese come l’Italia che ancora concentra la propria spesa sociale in strumenti di protezione, principalmente pensioni. La rivoluzione in atto impone di puntare energie e risorse su investimenti sociali che rendano le persone capaci di affrontare ex ante i mutamenti del mercato, invece di garantire esclusivamente il diritto a compensazioni ex post per la perdita del lavoro.  Inoltre, nel welfare italiano è auspicabile un maggior coinvolgimento di altri attori privati e del terzo settore per aumentare la capacità di intervento sociale e di efficienza.

          Lo strumento principale che le aziende e i lavoratori hanno a disposizione per prepararsi alla rivoluzione in atto è la formazione continua. Questa sfida coinvolge anche le istituzioni educative e formative tradizionali che, da un lato, sono chiamate a mettere in discussione il proprio impianto novecentesco, mettendosi in dialogo con il mondo produttivo più innovativo, e, dall’altro, devono ripartire dalla cultura di base e dai fondamenti per offrire ai giovani un metodo di apprendimento che risulti loro utile durante tutta la vita attiva. Un sistema incentrato sull’apprendimento più che sull’insegnamento potrà valorizzare quella componente vocazionale che già ha dimostrato di poter fare la differenza in diversi Paesi europei, specie se associata a un più frequente e fruttifero contatto fra scuola e lavoro. Si tratta di passi importanti per iniziare ad affrontare quel mismatch di competenze fra domanda e offerta che già penalizza imprese e lavoratori in Italia.

          Tutte queste sfide richiedono uno sguardo che non sia di breve né di medio periodo. Per cogliere le opportunità della digitalizzazione (guidata oggi da aziende e centri di ricerca non europei) bisogna ragionare su un orizzonte ampio e iniziare a lavorare da subito sull’implementazione dei passi necessari per raggiungerlo. L’Italia in questo scenario è particolarmente penalizzata non solo dalla scarsa stabilità politica, ma anche dal nanismo del suo tessuto di imprese che rallenta i processi innovativi. Un cambio di passo culturale che faccia crescere e internazionalizzare le aziende (passando dalla gestione familiare alla managerialità) è il prerequisito perché il Paese possa affrontare le sfide del futuro.

          Per questo è necessario un salto culturale che parta dai vertici aziendali e coinvolga anche i responsabili delle risorse umane. La rivoluzione digitale, infatti, non può essere vista come un insieme di tecnicalità: impone cambiamenti profondi che modificano il lavoro, la quotidianità e perfino gli schemi mentali delle persone. Comprenderne la portata è il primo e fondamentale passo per affrontare e gestire i cambiamenti che il mondo produttivo e del lavoro affronteranno nei prossimi anni.

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