Per valutare meglio le linee di tendenza e le prospettive della NATO bisogna inquadrarle e interpretarle in qualche modo nel più ampio contesto della sicurezza mondiale. Attualmente, il sistema internazionale sembra essere caratterizzato da una forma di “multipolarità aggressiva”, così come da una competizione di potere piuttosto caotica in tutte le sfere. La questione delle relazioni fra Stati Uniti e Cina ha inevitabilmente assunto un ruolo centrale, anche se l’evoluzione di questi rapporti bilaterali rimane tutt’altro che chiara. La Russia è ancora, per molti aspetti, una superpotenza militare, ma è anche un debole attore economico e pur restando una minaccia per la sicurezza europea è anche un partner utile a fronteggiare alcune sfide globali.
In questo contesto, l’Unione Europea sta rispondendo alla crisi del Covid-19 in modo più efficace di quanto molti si aspettassero, sebbene permangano grandi problemi. L’UE aspira giustamente a quella che oggi definisce esplicitamente come “autonomia strategica”. Un’ambizione che trova un ampio consenso fra i suoi Stati membri e che solleva immediatamente la questione del rapporto, di cruciale importanza, fra l’UE e la NATO. Ma la natura stessa dell’UE e i limiti delle risorse di cui può disporre possono impedire una divisione del lavoro più costruttiva ed equilibrata.
Per quanto riguarda l’evoluzione specifica della NATO, è prevedibile che nel 2021 verrà emergendo un nuovo “Concetto strategico” imperniato soprattutto sull’innovazione tecnologica, che trascende la tradizionale suddivisione fra sfera civile e sfera militare creando un ambiente ibrido complesso che si estende dal settore cibernetico allo spazio. L’Europa stessa è diventata più consapevole dell’importanza di un settore “big tech” all’avanguardia (attualmente dominato dalle imprese statunitensi), che a sua volta richiede grandi sforzi e investimenti comuni. Anche le recenti incursioni della Cina in questo campo suonano come un campanello d’allarme per tutti.
Nello stesso tempo, la ricerca di un’intesa su un nuovo quadro di riferimento per la cooperazione globale e la regolamentazione delle nuove tecnologie resta una sfida importante, poiché non si può trasporre semplicemente questo quadro dal tradizionale campo del controllo degli armamenti, ma si dovrebbe compiere ogni sforzo per emulare la metodologia degli accordi storici del passato.
La NATO dovrebbe inoltre valorizzare maggiormente le capacità di riorganizzazione e il contributo di tutte le componenti della società alla luce della natura complessa dei rischi e delle minacce incombenti in questo secolo, concentrando l’attenzione sulle reti di comunicazione, le infrastrutture critiche, il settore energetico e così via. E’ soprattutto in questi settori che emerge di nuovo la necessità di una stretta collaborazione con l’UE per massimizzare l’impatto politico e razionalizzare l’allocazione delle risorse.
Un’altra priorità dell’Alleanza è l’instaurazione di un rapporto più efficace con i paesi dell’area del Medio Oriente e del Nord Africa e oltre, verso il Sahel. Ma per raggiungere quest’obiettivo è necessaria una più stretta cooperazione tra i paesi membri della NATO, che assegni un ruolo di primo piano a quelli del Sud, insieme a un pieno impegno da parte dell’intera Alleanza. Questa è una condizione indispensabile per affrontare la fragilità del Medio Oriente inteso in senso lato, fino all’Afghanistan: una vasta area che oggi collega direttamente l’Europa e l’Asia, molto più che nel recente passato.
Il tradizionale “fianco sud” della NATO sta subendo una vera e propria trasformazione geopolitica, come testimoniano i riallineamenti di posizioni nel Mediterraneo orientale dove ad esempio, per garantire la continuità della coerenza dell’Alleanza, i paesi membri devono affrontare anche problemi interni – come quelli sorti tra Grecia e Turchia – attraverso meccanismi di “raffreddamento” dei conflitti che si stanno ora attivando.
The China challenge for the Transatlantic Alliance
08/10/2020
François Heisbourg
Special Advisor, Fondation pour la Recherche Stratégique
L’opinione della maggior parte dei partecipanti al seminario è che un partenariato Cina-Russia – anche se non proprio un’alleanza a pieno titolo – potrebbe resistire nel tempo. Considerate le leve economiche di cui Pechino può disporre, i prossimi anni saranno caratterizzati probabilmente da un simile scenario.
In questo contesto, sarà fondamentale vedere come Washington percepisce la posizione dell’Europa nei confronti della crescente competizione tra Stati Uniti e Cina. Gli europei possono svolgere un ruolo costruttivo nell’impedire che Mosca sia spinta nelle braccia di Pechino. Ma la Cina cercherà inevitabilmente di continuare a sfruttare qualsiasi divisione intraeuropea per i propri scopi. Per tutte queste ragioni, è imperativo che la NATO faciliti un forte dialogo transatlantico sui modi in cui trattare con la Cina, compreso un processo di selezione degli investimenti esteri in settori critici.
In ogni caso, sembra molto probabile che la Cina agirà come un attore sistemico nel lungo periodo, adottando una vera e propria strategia. Nel frattempo, la Russia si comporterà per lo più come una potenza opportunistica e continuerà a comportarsi come un concorrente regionale, ma anche come un partner in aree politiche circoscritte.
Thinking beyond NATO’s traditional role
08/10/2020
Fidel Sendagorta
Director of Foreign and Security Policy, Spanish Ministry of Foreign Affairs
A forward-looking vision for NATO
08/10/2020
Marina Sereni
Vice Minister, Italian Ministry of Foreign Affairs and International cooperation
Alla luce del nuovo assetto strategico globale, la NATO deve guardare avanti piuttosto che preoccuparsi esclusivamente di come replicare gli ultimi 70 anni: un atteggiamento nostalgico non aiuterà a prendere decisioni strategiche, nonostante la persistente centralità dei valori democratici comuni come fondamento dell’Alleanza.
In termini più semplici, ci troviamo di fronte a due scenari probabili: il primo è l’estensione del raggio d’azione (politico e in qualche misura militare e operativo) della NATO verso l’Asia, che comporterebbe un ripensamento fondamentale degli impegni condivisi; il secondo prevede invece una più esplicita divisione regionale del lavoro in base alla quale i paesi membri europei sarebbero direttamente responsabili della difesa del loro continente, pur godendo ancora del sostegno degli Stati Uniti in alcuni settori chiave.
The Western Alliance and black elephants
08/10/2020
Julian Lindley-French
Chairman, The Alphen Group and Senior Fellow, Institute for Statecraft, London
Future challenges for transatlantic security
08/10/2020
Robin Niblett
Director, Chatham House
Quest’ultimo scenario – in cui la NATO amplierebbe la sua sfera d’influenza politica più di quella geografica – sembra più probabile nel medio termine, ma presuppone comunque un importante cambio di passo. A questo proposito è stato rilevato che i paesi membri europei (ed eventualmente l’UE in quanto tale) dovranno fare molto di più per la difesa e la sicurezza del vecchio continente, impegnandosi a proteggere da soli i confini dell’Europa in caso di crisi su più fronti, mentre gli Stati Uniti affronteranno contemporaneamente eventuali crisi in Asia Orientale.
Per facilitare questa ridistribuzione dei compiti è assolutamente necessario disporre di un’ampia gamma di strumenti di rapido intervento. Ma si tratta di un traguardo difficile da raggiungere in un momento in cui esiste obiettivamente un conflitto sull’allocazione delle risorse poiché l’opinione pubblica è in gran parte concentrata su diverse priorità economiche e sociali. E’ stato rilevato, ad esempio, che attualmente – anche a causa della Brexit – circa l’80% delle spese militari della NATO sono sostenute da paesi non appartenenti all’Unione Europea.
Per quanto riguarda l’orientamento e le scelte politiche future degli Stati Uniti, alcuni partecipanti hanno osservato che una possibile amministrazione Biden potrebbe cambiare il suo atteggiamento verso la NATO. Ma potrebbe anche commettere gli stessi errori compiuti dalle precedenti amministrazioni riguardo a complesse questioni di sicurezza nei paesi periferici dell’Alleanza ed anche nei rapporti con alcuni dei suoi membri.
In ogni caso, le relazioni transatlantiche potrebbero conservare un carattere “transazionale”, sotto la spinta della semplice pressione delle dinamiche globali, che tenderanno a forzare il consenso degli alleati e a richiedere accordi specifici per affrontare sfide particolari. Resta comunque il fatto che l’atteggiamento di Washington verso la NATO sarà un fattore determinante per l’Alleanza: i problemi emersi recentemente tra la Turchia e gli altri paesi membri ci ricordano che una qualche forma di impegno e di mediazione da parte degli Stati Uniti rimane importante per aiutare ad appianare le controversie che insorgono fra gli europei.
Concentrarsi sul funzionamento interno dell’Alleanza e sviluppare una forte coesione politica attraverso consultazioni e scambi frequenti a più livelli rimane un compito di centrale importanza. E questo vale tanto più di fronte a un mondo disordinato in cui almeno due potenze autoritarie hanno una comprovata influenza sulla sicurezza transatlantica, sia direttamente che indirettamente. Questo è il modo migliore per garantire che una dottrina strategica comune continui ad essere adattata alle mutate circostanze. La cosiddetta “battaglia per la supremazia propagandistica” sulla gestione della pandemia – combattuta per lo più tra Washington e Pechino – è indicativa del futuro della competizione intorno al nuovo ordine internazionale, anche in termini di valori democratici di base e di regole di comportamento. Più in generale, lo sviluppo di sistemi di allerta e di servizi di informazione è la condizione necessaria per anticipare gli eventi e, in alcuni casi, per indirizzarne il corso di fronte a crisi acute e a sviluppi a medio e lungo termine.