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Attività

The cum-Covid recovery: comparing best practices. How to combine health and business

    • Incontro in modalità digitale
    • 17 Settembre 2020

          In termini di diffusione del contagio da Covid -19, la sfida principale nel periodo autunnale e invernale sarà la capacità delle strutture sanitarie di diagnosticare e trattare un numero comunque crescente di casi di Covid-19 (come prevedono tutte le proiezioni) e distinguerli da quelli di influenza. Le misure di contrasto al Covid contribuiranno a ridurre decisamente anche i casi di influenza stagionale, ma il problema sarà comunque presente per i sistemi sanitari.

          Le migliori conoscenze sul virus sviluppate in questi mesi rispetto alla primissima fase della pandemia sono un grande vantaggio, ma i fattori necessari per gestire il problema sono molteplici: il comportamento del grande pubblico, l’organizzazione dei sistemi sanitari, le regole imposte dalle autorità. Intanto, la ricerca naturalmente prosegue su tutti i fronti, soprattutto nella diagnostica e nei vaccini. La fabbricazione e distribuzione delle dosi di vaccino richiederà in ogni caso un grande sforzo di collaborazione internazionale per assicurarne anzitutto la disponibilità alle categorie a maggiore rischio e poi la più ampia disponibilità.

          Rimane inevitabilmente una strutturale tensione tra la volontà di facilitare la ripresa economica, da un lato, e l’adozione di misure di cautela per impedire un aumento incontrollato dei contagi. È comunque fondamentale che vi sia la massima coerenza nelle misure prese dalle autorità, non solo a livello dei sistemi nazionali (coordinando regole generali, interventi regionali e locali, e azione delle strutture sanitarie sul territorio) ma anche a livello internazionale.

          Con alcune variazioni tra Paesi, complessivamente la composizione demografica dei contagi da Covid-19 è cambiata considerevolmente (riflettendo le abitudini assai meno accorte nel periodo estivo), e con essa cambia in certa misura anche l’effetto socio-economico del problema, data la assai maggiore diffusione tra i giovani nella seconda fase attualmente in corso. È anche vero però che nella maggioranza dei casi prevale, nel grande pubblico, una notevole consapevolezza dei rischi e dei comportamenti da adottare.

          In modo trasversale, ciascun Paese ha sperimentato l’esigenza di coordinare al meglio i vari livelli di governo – nazionale (o federale in casi come quello tedesco), regionale e municipale. Casi come quello statunitense, e in parte quello spagnolo, dimostrano la complessità dei sistemi di governance a più livelli con forti autonomie locali, ma la vera discriminante è comunque l’adozione di misure per quanto possibile coerenti sulla base di una comunicazione chiara da parte delle autorità. Secondo alcuni osservatori, siamo di fronte a condizioni di vera crisi istituzionale da questo punto di vista, con importanti lezioni da apprendere per tutti i sistemi costituzionali.

          Su questo sfondo, il quadro economico internazionale è necessariamente caratterizzato da varie incertezze, ma si possono già prevedere mutamenti strutturali tra settori (in parte legati alla possibilità di adottare modalità di “remote working”), con alcuni settori assai più penalizzati (e perfino a rischio di sopravvivenza) rispetto ad altri. È ben noto che le transizioni di questo tipo sono storicamente delicate e presentano costi concentrati su determinate componenti di produttori e lavoratori. Un esempio macroscopico sono l’industria automobilistica e quella dell’aviazione civile, colpite in modo durissimo, anche in coincidenza con una profonda trasformazione tecnologica già in atto per ragioni ambientali.

          Le due maggiori economie europee attraversano una fase delicata, visto che la Francia rischia di perdere la chance di affermarsi come polo finanziario, molto attrattivo per grandi investimenti, e intanto la Germania avrà maggiori difficoltà nel perseguire un rinnovamento del suo tessuto produttivo che era già avviato ma con risultati quantomeno parziali. La Gran Bretagna sta subendo l’impatto del “doppio shock” dovuto alla pandemia e alle incerte implicazioni di Brexit, che peraltro sono un costo anche per la UE – qualunque sarà l’esito dei negoziati per un accordo post-Brexit.

          Per un Paese come l’Ucraina, il contesto internazionale è un fattore determinante per le prospettive economiche, anche nel contesto delle forti tensioni geopolitiche a cui è sottoposto. Pur in una situazione certamente diversa, un Paese come il Messico condivide l’attenzione per i fattori regionali e globali, in particolare guardando alla possibile evoluzione del nuovo accordo di libero scambio con USA e Canada (USMCA, come successore del NAFTA) che è entrato in vigore lo scorso luglio. È chiaro che un contesto globale in cui prevalgano le spinte protezionistiche e si riduca la volontà complessiva di cooperare in chiave multilaterale è comunque un pericolo per tutti, a prescindere dalle dimensioni di ciascuna economia.

          Nel medio termine, la capacità di realizzare importanti aggiustamenti, sfruttando la crisi post-Covid come impulso per scelte lungimiranti, sarà decisiva per la performance futura delle economie europee. Nel breve termine, le previsioni dell’OCSE sono migliori di quanto si fosse temuto prima dell’estate, soprattutto grazie ai massicci interventi governativi, della BCE e con il Recovery Fund. Ma restano gravissime preoccupazioni per i piccoli imprenditori, particolarmente nel campo della ristorazione e del turismo. Un ulteriore rischio da monitorare è relativo alle condizioni del credito per le imprese, che le banche potrebbero rendere più strette nonostante i tassi di interesse attualmente molto favorevoli.

          Un dato molto positivo ad oggi, a livello macro, è che la situazione monetaria è stabile, e i mercati finanziari rimangono ottimistici, mentre non si registrano problemi su vasta scala nel settore del credito. Buona parte del merito va agli sforzi in atto per sostenere la ripresa, particolarmente in chiave di innovazione tecnologica e di investimenti orientati alla sostenibilità ambientale.

          Nel caso italiano, il calo del GDP a fine 2020 è previsto attorno al 10% rispetto al 2019, e una piena ripresa ai livelli pre-pandemia è realistica soltanto nel 2023 – dunque si è di fronte a un impatto piuttosto durevole, legato anche (non soltanto in Italia) alle scelte caute dei consumatori/risparmiatori nel prossimo futuro. Come è ben noto, l’economia italiana deve poi confrontarsi con almeno due questioni strutturali, cioè l’alto debito pubblico – il che richiede la costante ricerca di surplus delle partite correnti – e la scarsa produttività, che certamente non è un problema risolvibile con misure di breve periodo.