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Attività

After the crisis: Europe and Latin America

    • Madrid
    • 8 Luglio 2010

          Nell’attuale fase di grande incertezza sulla ripresa dell’economia globale, è aumentato l’interesse per le prospettive del continente sudamericano, che sembra finalmente in grado di sfruttare al meglio il suo potenziale. L’asse tra Unione Europea e America Latina ha spesso suscitato aspettative troppo alte, ma l’aumento dell’interscambio – sia commerciale che finanziario – è oggi guidato da una logica “bottom up”: le forme di interdipendenza più promettenti stanno emergendo in modo pragmatico e stanno producendo benefici concreti. In tale quadro, anche i progetti infrastrutturali non seguono spesso le linee ideali, pur risultando comunque utili a stimolare ulteriori attività economiche sulla base di una reale integrazione regionale.

          I settori più dinamici sono quelli bancario, delle comunicazioni e dell’energia, che hanno in comune una forte capacità di fare da moltiplicatore per lo sviluppo di ulteriori settori produttivi.

          La regione latino-americana sta dimostrando, rispetto al passato, alcune caratteristiche che spiegano una reazione complessivamente buona alla crisi: assai maggiore solidità fiscale; flessibilità dei tassi di cambio; maggiore diversificazione produttiva; notevole apertura all’esterno, sia per i beni che per i capitali. Questa combinazione permette ora di cogliere le opportunità offerte soprattutto dall’Asia, che nella fase recessiva ha di fatto assunto il ruolo di motore della crescita sudamericana (soprattutto grazie alla forte domanda di materie prime) e che è ora destinata a consolidarsi come grande regione di riferimento.

          I punti deboli delle economie latino-americane sono soprattutto produttività e competitività (che a loro volta limitano l’innovazione) – motivi per cui si sono registrati risultati migliori rispetto alle crisi precedenti, ma peggiori di altre economie a medio reddito. Inoltre, la distribuzione del reddito rimane molto sbilanciata.

          Il fabbisogno energetico sta crescendo a livelli elevatissimi proprio per sostenere le proiezioni di crescita complessiva, e ciò apre delle grandi opportunità per attori internazionali che dispongano del know-how adeguato. Finanziare gli investimenti necessari richiederà un ruolo molto attivo del settore bancario, come anche dell’Unione europea nel suo complesso se saprà attivare gli strumenti adatti per incoraggiare ulteriormente le aziende europee e dar vita a partnership durevoli.
          Una questione che sta assumendo notevole rilevanza è quella della sicurezza energetica: è assai probabile che i paesi della regione tenderanno a diversificare i legami (sia come produttori che come consumatori) per evitare i rischi di eccessiva vulnerabilità. Ciò renderà il quadro più articolato, anche se nell’insieme il trend è quello al consolidamento attorno a tre-quattro grandi attori nel settore.

          Proprio alla luce delle esigenze infrastrutturali ed energetiche, il ruolo del settore pubblico è destinato a restare cruciale nei prossimi anni, ma il dinamismo del settore privato dovrebbe garantire il giusto mix.

          Quanto al quadro politico, il “modello europeo” ha indubbiamente subito un duro colpo dalle ripercussioni della crisi globale, e anche i rapporti con l’America Latina riflettono una parziale revisione degli assetti preesistenti che vede ora l’Europa in posizione relativamente più debole. Tuttavia, il potenziale di complementarietà rimane elevatissimo; l’Europa dovrebbe concepire i rapporti con l’America Latina come una forma di “nuovo atlantismo” – incentrato questa volta sull’Atlantico del Sud – e dunque in un’ottica triangolare rispetto al tradizionale legame con gli Stati Uniti. In tal modo l’asse UE-America Latina sarebbe anche meglio in grado di dare un contributo costruttivo alla governance globale.

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