La fondamentale funzione del risk management può tramutarsi in pessimismo cronico e in una profezia che si autoavvera, se il rischio viene interpretato soltanto come pericolo e costo: si tratta invece di un mix che comprende anche opportunità e innovazione. Molto dipende però dalla capacità di governare fenomeni che sono al contempo economici, tecnologici e sociali, e che investono direttamente le istituzioni politiche a tutti i livelli. Comprendere i maggiori trend sia di breve che di medio e lungo termine è, quindi, un compito decisivo.
Nel quadro attuale, le prospettive degli Stati Uniti sono fortemente condizionate, fin dalle prime battute della nuova amministrazione Trump, dagli attacchi diretti (provenienti dalle stesse figure di maggiore spicco) a quasi tutti i vincoli istituzionali e ai meccanismi di salvaguardia che tendono a frenare la volontà del presidente.
Per quanto riguarda l’Europa, invece, un’iniezione di realismo politico è senza dubbio necessaria sul piano della sicurezza continentale. In merito al conflitto in Ucraina emerge un certo consenso sul fatto che sia importante ottenere alcune condizioni minime, a garanzia dell’indipendenza di Kiev per giungere a un possibile accordo negoziato. Sostenere la capacità ucraina di combattere (se e fin quando il Paese vorrà farlo) a tutela della propria sovranità effettiva è dunque decisivo per la difesa dell’intero continente, e quindi è un vero obiettivo strategico e sistemico – tuttora realizzabile se perseguito in modo coordinato.
Il segnale politico più rilevante è arrivato, in questo senso, dalla Germania, che nelle dichiarazioni del futuro cancelliere Friedrich Merz sta aprendo la strada a un diverso approccio alle questioni di bilancio e dunque alle capacità di spesa e investimento dell’UE nel suo insieme. In questo nuovo contesto transatlantico, e a fronte della sfida russa alla sicurezza europea, anche la politica di allargamento dell’UE acquisisce una valenza fortemente strategica.
Vi sono, però, anche fattori globali in azione, che si intrecciano con le dinamiche interne agli Stati Uniti e all’Europa e all’evoluzione del rapporto transatlantico – esso stesso una variabile e non più un pilastro di stabilità. Questo contesto globale vede una serie di cambiamenti profondi e strutturali, oltre che nel quadro di sicurezza e nel sistema internazionale degli scambi, anche in alcune tecnologie “disruptive”.
In particolare, è in corso un grande “innovation cycle”, incentrato sulle varie forme di Intelligenza Artificiale, che l’UE deve certamente agganciare – muovendosi ormai con ritardo, ma senza rinunciare ai propri valori distintivi – in un trade-off molto delicato. Vi sono peraltro vari settori in cui l’Europa è assai attraente per massicci flussi di investimenti, come i mercati stanno registrando. La chiave sarà facilitare l’adozione di nuovi modelli di business per creare nuovi mercati.
Per quanto riguarda le tensioni commerciali, l’esito più probabile per l’UE va nella direzione di una serie di risposte modulate e prudenti alle iniziative di Trump, senza cadere nella tentazione delle rappresaglie “colpo su colpo”: ciò dovrebbe consentire la sopravvivenza del sistema globale degli scambi, pur in un contesto di restrizioni parziali e ostacoli. In ogni caso, un vero imperativo per l’Europa, in un quadro globale che risente pesantemente delle iniziative americane, è mantenere aperti tutti i possibili canali negoziali con Washington, a dispetto dell’atteggiamento molto assertivo dell’amministrazione Trump. Sarà così possibile, per gli europei, orientare i negoziati – che comunque arriveranno, dopo una prima fase incentrata su minacce e annunci – in una direzione costruttiva.
In un tale quadro rimane rilevante anche il peso dell’economia cinese che, abbinato alle ambizioni politiche e al riarmo in corso, fa della Repubblica Popolare un attore di rilevanza globale. Particolarmente cruciale è il ruolo di Pechino nell’intera filiera di numerose “materie prime critiche”; un fattore che al momento, nonostante diversi sforzi di “derisking”, impone un alto livello di interdipendenza.
In parallelo, è importante guardare anche al Medio Oriente che si inserisce nel quadro globale come punto di snodo dei traffici marittimi, oltre che come area di competizione tra potenze locali ed esterne e quindi fonte ricorrente di forte conflittualità. Mentre al momento mancano troppi tasselli essenziali per avviare il conflitto israelo-palestinese verso una via negoziale, l’Arabia Saudita emerge come attore centrale nel quadro diplomatico. In una situazione incerta sul riarmo nucleare iraniano e sul futuro asseto della Siria, Riyad mantiene rapporti operativi con tutti gli attori internazionali. Questo, insieme alla capacità economica, le permetterà di poter assumere responsabilità regionali in chiave multilaterale nel contesto sia della Lega Araba sia di coalizioni ad hoc.