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Aspen Collective Mind Seminar – Le politiche per il rilancio del Sud

  • Venezia
  • 2 Ottobre 2022

        Una visione satellitare notturna del Continente europeo mostra che l’Italia è l’unico Paese con una struttura fortemente duale: al Centro-Nord una luce intensa e diffusa che deriva da aree ad alta industrializzazione, al Sud alcuni punti luce, ma una luminosità inferiore alle altre aree.

        È urgente una strategia che promuova fattori abilitanti per lo sviluppo del Sud. A partire dalle competenze nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione, da strumenti di governo virtuosi che premino gli investimenti che creano valore, da una forte semplificazione burocratica, per rispondere in maniera efficace e trasparente alla competizione che richiede velocità nelle scelte e nell’esecuzione dei progetti. Una chiave di lettura che determinerà anche l’esito del PNRR.

        Rilanciare il Mezzogiorno è necessario per tutto il Paese e, più in prospettiva, anche per l’Europa dato il ruolo geografico di “ponte” verso il continente africano, una direttrice geopolitica fondamentale, a maggiore ragione in una fase di crescente chiusura tra Est e Ovest.

        Diversi indicatori economici e sociali mostrano che le crisi di questi anni hanno peggiorato il divario tra il Sud e il resto del Paese, in particolare su fattori di crescita endogena. La popolazione ha livelli di formazione mediamente inferiori, l’abbandono scolastico e l’incidenza dei NEET sono più elevati, i tassi di investimento sono minori, come l’intensità di R&S, la digitalizzazione o le dotazioni infrastrutturali.

        L’inverno demografico “gela” anche il Mezzogiorno: i nuovi nati diminuiscono e la riduzione del numero degli abitanti rende ancora più grave l’emigrazione dei giovani, che si concentra tra quelli con formazione medio-alta e zavorra ulteriormente la capacità di crescita. La manifattura è il motore dello sviluppo e diversi dati mostrano che il Sud ha una propria anima imprenditoriale fondata su eccellenze, spesso nascoste nelle medie numeriche, ma di grande valore nazionale e internazionale.

        La produttività complessiva è inferiore del 35% rispetto al Centro-Nord, ma è in linea con la media nazionale per alcuni settori a più alto contenuto tecnologico – quali farmaceutica o informatica – a dimostrazione che è possibile sviluppare filiere di qualità in un Sud che innova e produce. Porti e logistica sono risorse essenziali, che possono ulteriormente crescere facendo leva anche sulle Zone Economiche Speciali (ZES) per attrarre investimenti.

        Il turismo, se organizzato con logiche imprenditoriali, ha enormi potenzialità anche alla luce del forte interesse di fondi di investimento e catene internazionali per realtà come quelle del Sud che offrono diverse opportunità di creare “brand” di grande interesse internazionale.

        Non mancano, quindi, le eccellenze, ma servono politiche per aumentare il loro numero, gli investimenti e il capitale umano affinché la competitività dei singoli diventi di sistema.

        C’è tanto da fare e ce n’è per tutti, imprese, pubblica amministrazione, società civile. Ed è utile ripercorrere le fasi industriali di sviluppo nel secondo dopoguerra e considerare le iniziative che, anche in anni più recenti, hanno contribuito ai casi di successo.

        Mettere in rete eccellenze sul territorio, formazione, innovazione, poli di specializzazione e adottare incentivi virtuosi per gli investimenti che effettivamente creano valore si è dimostrato fondamentale in passato, e lo sarà anche in futuro, insieme ad elementi che rispondono particolarmente allo spirito di questo tempo.

        Il primo sono le competenze, strategiche al pari delle materie prime per crescere in un mondo innovativo e multidisciplinare. Si pensi, ad esempio, agli analisti di big data o esperti di cybersecurity. O a tutti i professionisti necessari a fare crescere le fabbriche del futuro, innovative e sostenibili, in una competizione internazionale agguerrita e complessa.

        La mappatura dei mestieri, per settore e territorio, deve essere parte della programmazione economica, perché politica della formazione e valorizzazione del merito sono politiche industriali. È positivo l’impulso allo sviluppo degli ITS, per mobilitare risorse pubbliche e private e formare persone adatte alla struttura economica del territorio e alla domanda che esprime. Una buona pratica da rafforzare, come già iniziato a fare nei mesi scorsi con il PNRR.

        Il secondo è la qualità della Pubblica Amministrazione. Si fonda anch’essa su nuove competenze – tecniche e non solo giuridiche – per aumentare la capacità di sviluppo di progetti di qualità e per avere un quadro normativo efficace e semplice, evitando che la crescita di una vera e propria “fabbrica delle leggi” tolga spazio alle altre fabbriche e freni lo sviluppo.

        Il terzo è una visione strategica. Bisogna invertire la rotta dopo anni di stagnazione e va fatto in fretta, perché il tempo ci supera in una fase che non è una “semplice” accelerazione, ma un vero e proprio salto quantico. Occorre una leadership attenta ai trend globali, fortemente radicata nei territori e capace di adottare politiche coerenti, non contradditorie come in anni passati, e farsi autorevole promotrice di una cabina di regia tra istituzioni e industria un’intelligenza collettiva per dotare il “sistema Sud” di tutte le informazioni necessarie ad aumentare la capacità di crescere e contribuire allo sviluppo dell’Italia intera.

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