Una sfida verso l’impossibile: geopolitica e ricerca scientifica, competizione ed esplorazione, economia, industria e mercato, mentre sullo sfondo rimane la prospettiva di futuri confronti in campo militare. Il settore spaziale è tutto questo.
Si tratta di un comparto in cui l’Italia può vantare importanti successi tecnico-scientifici, con salde radici nel tempo: 60 anni fa, infatti, il 15 dicembre 1964, veniva lanciato il satellite italiano San Marco, il primo costruito da un Paese europeo. Nonostante il razzo e la base, in Virginia, fossero americani, si trattò del primo lancio italiano, dunque realizzato da un Paese diverso dall’Unione Sovietica e dagli Stati Uniti. La squadra era infatti tutta italiana, guidata dall’ingegner Luigi Broglio.
Rispetto agli albori dell’era spaziale, cominciata con il lancio dello Sputnik il 4 ottobre 1957, la situazione è notevolemente cambiata: oggi lo spazio non è più un ambiente di contesa tra due sole grandi potenze, Russia e Stati Uniti, ma sono presenti altri attori che operano regolarmente grazie all’enorme riduzione dei costi, concorrendo a quella che viene definita la new space economy. Se dopo l’impulso iniziale e la forte accelerazione alla fine degli anni Sessanta, tra il 1976 e il 2013 non vi furono allunaggi, undici anni fa la Cina si è aggiunta come terzo grande attore nel compiere l’impresa. Nel 2023 è stata la volta dell’India, con una missione costata poco meno del film Oppenheimer, che usciva nelle sale cinematografiche in quegli stessi giorni.
Lo spazio rappresenta altresì una frontiera chiave per il progresso tecnologico, in cui l’umanità sfida se stessa, con visione e coraggio, per semplificarsi il domani. Esempio di questo approccio vincente è il personal computer: sviluppato come prototipo per necessità tecnologiche spaziali degli anni Sessanta, vent’anni dopo è diventato un prodotto industriale, capace di generare fino a 300.000 brevetti per gli Stati Uniti.
Il mercato spaziale globale ha raggiunto 500 miliardi di dollari, e si stima che potrà arrivare a 750 miliardi di dollari entro il 2030. Si tratta di un settore in cui da tempo l’Italia gioca un ruolo importante: dopo il lancio del suo primo satellite nel 1964, grazie alla cooperazione bilaterale con gli Stati Uniti, il Paese ha continuato a sviluppare il proprio know-how in diversi ambiti che si intrecciano all’interno della space economy. Oggi il giro d’affari è di 2-3 miliardi di euro (a seconda del metodo di calcolo utilizzato), con circa 400 aziende attive e diversi punti di forza: ad esempio, l’Italia risulta il secondo paese per numero di satelliti militari operanti. E se al momento manca un’agenzia che faciliti il trasferimento tecnologico e la cooperazione tra pubblico, privato e accademie, il settore è al centro di alcune iniziative, ad iniziare dall’iter parlamentare per una legge nazionale sull’attività spaziale.
Lo spazio rimane, intanto, un grande fattore di attrazione per i giovani talenti. Grazie anche al PNRR, vi sono aziende in Italia che hanno aumentato considerevolmente la propria forza lavoro, fino a un terzo, portando l’età media a 29 anni, con personale impiegato di 19 differenti nazionalità. Le opportunità per le nuove generazioni sono evidenti: l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), ad esempio, negli ultimi anni ha reclutato centinaia di giovani ingegneri e circa il 50% delle nuove candidature arrivano dall’Italia.
Il Rapporto Draghi, pubblicato nel settembre 2024, ha dedicato un intero capitolo allo spazio, evidenziando sia gli elementi di forza dell’Europa sia quelli di minor competitività rispetto al mercato globale, e suggerendo una lista di azioni di riforma per rafforzare l’intero comparto. Il settore rimane, in ogni caso, in forte crescita ed attrattivo, tant’è che grandi imprese finora operanti in altri contesti — dall’automotive all’alimentare —hanno di recente aperto divisioni e avviato attività proprio in ambito aerospaziale, giovandosi anche al supporto delle istituzioni, sia civili che militari.
In uno scenario di crescenti tensioni internazionali rimane aperta, tuttavia, la questione della capacità, da parte delle grandi potenze, di trasformare lo spazio in un luogo di cooperazione piuttosto che in un altro scenario di conflitto. Si tratta di una sfida complessa che coinvolge, accanto al mondo ingegneristico, anche quello giuridico e geopolitico, emergendo come una questione prioritaria non tanto del futuro, quanto ormai del presente.