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Proteina della seta blinda la sicurezza dei vaccini – Intervista a Livio Valenti

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    • 11 Ottobre 2018
    • Ottobre 2018
    • 11 Ottobre 2018

    Dai progetti di sviluppo in Cambogia a una start-up biotecnologica di Harvard. La traiettoria professionale di Livio Valenti, che ha lasciato le Nazioni Unite per frequentare la Harvard University e poi diventare imprenditore, è legata alla nascita di Vaxess, azienda specializzata nella produzione di vaccini efficaci anche senza refrigerazione e somministrabili tramite micro-aghi indolore. Alla base di questa innovazione, che ha portato nel 2014 Livio fra i “30 under 30 top innovators” di Forbes, una proteina estratta dalla seta, la fibroina.

    Come nasce l’idea di Vaxess?
    Dopo essermi laureato alla Bocconi sono andato in Cambogia a lavorare per le Nazioni Unite, seguendo vari progetti di sviluppo. Fra questi vi era il tentativo di diversificare i redditi dei contadini locali – tradizionalmente legati alla coltura del riso – attraverso l’allevamento dei bachi da seta. La sfida che mi ero posto, tuttavia, era quella di capire come salire più in alto nella catena del valore. Nel 2008 ho seguito un TED Talk di Fiorenzo Omenetto che parlava proprio dell’utilizzo della seta in applicazioni biotecnologiche e nella creazione di biopolimeri funzionalizzati. L’ho contattato per cercare di capire come chiudere il cerchio del mio progetto in Cambogia.
    Una volta  arrivato ad Harvard per frequentare il master in Public Policy, ho ricontattato il professor Omenetto che mi ha aperto i suoi laboratori. Ho scoperto che dalla seta si può estrarre, attraverso un processo di bioingegnerizzazione, una proteina che può essere utilizzata in vari ambiti, ad esempio la sostituzione di tessuti umani, dalle cornee ai legamenti del ginocchio. L’applicazione che mi ha più colpito, tuttavia, è stata la possibilità di integrare questa proteina nei vaccini per dar loro integrità strutturale ed evitare che si degradino. Si tratta in pratica di una “gabbia” a livello nanostrutturale che impedisce alle molecole di “muoversi”, e quindi di aggregarsi, facendo sì che il vaccino non vada a male. Allo stesso tempo, abbiamo “riformattato” il materiale, sostituendo la tradizionale siringa con micro aghi che si applicano nella pelle.

    Quali applicazioni permette questa tecnologia? 
    Il beneficio più immediato della nostra tecnologia è quello di raggiungere coloro che abitano in paesi come la Cambogia, dove l’accesso dei vaccini è limitato dalla logistica della catena del freddo. Molto spesso, persone che vivono isolate, devono percorrere lunghe distanze per potersi assicurare un vaccino, ma non hanno accesso ad un prodotto pienamente efficace perché non è stata mantenuta la refrigerazione continua. I vaccini del resto sono comunemente indicati fra gli interventi con il miglior rapporto costo-efficacia per promuovere la salute nel mondo, e noi vogliamo far sì che arrivino a chi ne ha bisogno, anche se vivono in villaggi remoti.
    Vaxess tuttavia, dopo aver dato in licenza la prima, sta lavorando a una seconda piattaforma tecnologica. Si tratta di un cerotto, con 121 aghi grandi quanto un decimo di un capello, che è in grado di stabilizzare vaccini, immunoterapie e altri medicinali, e, una volta applicato alla pelle, rilascia il principio attivo in maniera controllata. Un prodotto del genere può avere grandi possibilità di impiego anche in Paesi avanzati, ad esempio per facilitare la somministrazione di vaccini anti-influenzali. In sintesi Vaxess lavora sia su progetti di salute pubblica, grazie a importanti finanziamenti provenienti da fondazioni no profit e istituzioni pubbliche come la Bill & Melinda Gates Foundation o il National Institute of Health, sia su progetti commerciali. Il nostro tentativo è quello di bilanciare al meglio queste due aree.

    Come si fa a lanciare una start-up come Vaxess?
    Ci vuole un team con competenze molto diverse, non solo scientifiche. Le scoperte scientifiche, infatti, rischiano di non avere rilevanza pratica se non vengono sviluppate e commercializzate in maniera efficace. Nel caso di Vaxess il mio obiettivo iniziale era portare in una realtà molto concreta – quella della Cambogia rurale – le scoperte realizzate a Boston, facendo parlare questi due mondi. Oggi il mio compito di manager “non scienziato” è capire come utilizzare al meglio le scoperte che i nostri ricercatori realizzano, portandole sul mercato.

    È difficile commercializzare una scoperta scientifica?
    La parola commercializzare ha un’accezione negativa. Dobbiamo forse riformulare il concetto, parlando di come cogliere le opportunità offerte dalla ricerca, spesso pagata con fondi pubblici, per risolvere problemi importanti della collettività. Negli Stati Uniti questo aspetto è forse più semplice che altrove perché esistono pratiche e accordi molto standardizzati e diffusi: il quadro normativo americano prevede, fin dal 1956, la possibilità che le scoperte accademiche si traducano in prodotti da vendere sul mercato. E, infatti, Vaxess nasce ad Harvard nell’ambito del corso “Commercializing Science”.

    A quando una Vaxess italiana?
    L’innovazione tecnologica avviene ovunque e le disponibilità per finanziare le start-up ci sono anche in Italia. Bisogna lavorare, tuttavia, per colmare la distanza che ancora esiste fra la ricerca e l’avvio di aziende finanziariamente sostenibili. Credo, per questo, che sia prioritario investire su programmi di supporto a imprenditori innovativi.
    In ogni caso ho un’esperienza positiva della realtà italiana. Sei mesi fa, insieme a un collega conosciuto ad Harvard, ho lanciato Moveo Walks, azienda che si occupa di realizzare esoscheletri in grado di aiutare la mobilità delle persone. Basate su una tecnologia militare pensata per sostenere soldati carichi di equipaggiamento, queste applicazioni possono aiutare diverse categorie di individui, ad iniziare dagli anziani. Abbiamo portato questa tecnologia da Harvard a Padova; abbiamo raccolto i fondi per mandare avanti l’azienda per il primo anno, realizzando un prototipo, e oggi stiamo sviluppando un piccolo caso di studio per capire come potrà evolvere. In ogni caso in Italia abbiamo trovato grande disponibilità e flessibilità, fondamentali per questa nostra iniziativa.

     

     

    Livio Valenti è il co-fondatore di Vaxess Technologies. Dopo una laurea in Economia in Bocconi e un’esperienza in Cambogia con le Nazioni Unite, ha ottenuto un master in Public Policy presso la Harvard Kennedy School of Government.