Studiare i ritmi che regolano la nostra biologia per evitare comportamenti dannosi alla salute, ma anche per capire come rendere più efficaci le terapie farmacologiche. Questo il lavoro di Paolo Sassone-Corsi, professore di Chimica Biologica alla University of California Irvine, tra i primi scienziati a studiare in quale maniera l’ambiente influenza la funzione dei geni senza per questo cambiare la sequenza del DNA. Sassone Corsi spiega al sito di Aspen come la sua ricerca esplori i meccanismi molecolari che legano il ciclo giorno-notte e la nutrizione al metabolismo cellulare, e quindi all’epigenetica. Questi studi, di importanza medica e sociale, consentono lo sviluppo di nuove strategie farmacologiche per il diabete, l’obesità, le sindromi metaboliche e la dipendenza da droghe.
Epigenetica, questa sconosciuta. Come si spiegano le modifiche che variano l’espressione genica pur senza intaccare il DNA?
Il DNA di per sé non cambia durante la vita di una persona; eppure il DNA si ritrova in tutte le nostre cellule che pure hanno funzioni molto diverse fra loro. Com’è possibile? Questo avviene grazie all’epigenoma, qualcosa che – come indica il prefisso greco “epi” – sta al di sopra del genoma e può modificare l’espressione genica senza variare la sequenza del DNA. Ad avere una forte influenza sull’epigenoma sono fattori esterni come droghe, forti stress, depressioni, ma anche cattivi comportamenti alimentari. La potenza di questi effetti dipende dalla loro frequenza e dalla loro reiterazione nel tempo. Cambiare troppo spesso fuso orario, mangiare sempre di notte o rimpinzarsi di hamburger tutti i giorni sono comportamenti che influiscono sull’epigenoma e quanto più si accumulano, tanto più sono irreversibili.
Quali gli effetti sostanziali di questo processo?
L’influenza di alcuni comportamenti sull’epigenoma porta non solo all’insorgere di malattie nell’individuo, ma aumenta anche la possibilità di trasmissione di queste patologie per via ereditaria. Pensiamo al diabete che, nella maggior parte dell’epidemiologia, riguarda persone con problemi nutrizionali. Non siamo davanti a una malattia genetica perché non c’è mutazione del DNA, eppure questa patologia può insorgere nella progenie di un malato. Com’è possibile visto che il DNA non cambia? Questa trasmissione è spiegabile con modificazioni dell’epigenoma che in alcuni casi possono essere trasmissibili da una generazione all’altra. Esistono, insomma, fattori che aumentano la suscettibilità della progenie a una patologia acquisita dai genitori. La ricerca deve ancora proseguire per chiarire meglio i meccanismi, ma le potenzialità sono notevoli: mentre non si riesce a riparare il DNA, a livello dell’epigenoma c’è la possibilità di un intervento terapeutico.
Quanto contribuiscono le nostre abitudine alimentari?
La nutrizione è strettamente connessa ai nostri cicli biologici. Pensiamo a un semplice esperimento in cui si prendono due cavie esattamente uguali, con lo stesso DNA, e gli si dà da mangiare lo stesso cibo nel corso di due mesi. A un individuo il cibo viene dato nel momento giusto, all’altro ad un orario diverso e “sbagliato”: quest’ultimo alla fine dell’esperimento diventerà più grasso.
Questo perché non è importante solo quanto si mangia, ma anche quando si mangia. Abbiamo scoperto che il 50% del nostro metabolismo è circadiano, dipende cioè da cicli di 24 ore. Nel nostro corpo esistono migliaia di metaboliti regolati su cicli circadiani che contribuiscono all’omeostasi del corpo stesso. Questi cicli dominano la nostra vita e assolutamente tutte le nostre funzioni metaboliche. Insomma, mangiando un hamburger alle 3 mattino imponiamo al nostro metabolismo uno stress: se questo disturbo dei cicli circadiani diventa abituale, possono insorgere problemi seri.
Quali sviluppi comporta lo studio dei cicli circadiani?
Questi cicli, il cui nome – dal latino circa diem, ovvero “intorno al giorno” – sono l’elemento più antico della vita sul nostro pianeta, che si è sviluppata non solo adattandosi, ma proprio grazie a questa scansione temporale. Il sistema molecolare che regola i nostri ritmi si è conservato durante l’evoluzione e quindi i cicli circadiani sono intrinseci alla nostra biologia. La comprensione di questi meccanismi ci consente non solo di studiare gli effetti negativi di alcuni stili di vita, ma anche di sviluppare una farmacologia ed approcci terapeutici time specific. È quella che chiamiamo “crono-farmacologia”: se sappiamo in quale momento dare il giusto farmaco questo può essere molto più efficace. In questo modo riusciamo a far sì che l’organismo migliori l’assimilazione, ottimizzando l’effetto di una molecola.