L’Aspen Institute Italia ha organizzato una cena informale sui temi della governance globale, cui hanno preso parte – in qualità di guest speakers – Joseph Stiglitz, economista alla Columbia University e premio Nobel, Jean-Paul Fitoussi, Presidente dell’OFCE di Parigi, Meghnad Desai, Professore Emerito alla London School of Economics, Rakesh Mohan, Vice-Governatore della Reserve Bank of India.
I quattro invitati internazionali alla cena di Aspen sono membri di una Commissione ad hoc delle Nazioni Unite, che sta redigendo un rapporto sul tema della governance globale. Hanno tenuto in questi giorni a Roma uno “shadow G-N” co-organizzato dall’Università Luiss, rappresentata alla round-table di Aspen dal rettore, Massimo Egidi e da Mariasilvia Ciola, responsabile delle Relazioni Internazionali.
Alla discussione hanno partecipato, da parte italiana, Vittorio Grilli, Fabrizio Saccomanni e Umberto Vattani.
L’Aspen Institute era rappresentanto da Carlo Scognamiglio, Angelo Maria Petroni, Gianni De Michelis e Marta Dassù.
Dopo un discorso di apertura di Joseph Stiglitz – piuttosto scettico sui risultati del G-20 di Londra e volto a dimostrare la necessità che la crisi dell’economia reale sia effettivamente colta come opportunità per una più radicale riforma della governance globale – la discussione si è concentrata sulle questioni commerciali (il rischio protezionismo è molto più alto di quanto non si dica, secondo Stiglitz e Desai) e sulla possibilità di dare vita a un nuovo assetto monetario.
Come noto, quest’ultima questione è stata posta sul tappeto, in modo esplicito, dal governatore della People’s Bank of China, Zhou Xiaochuan. Secondo il paper presentato nei mesi scorsi da parte cinese, le preoccupazioni per una futura svalutazione del dollaro andrebbero affrontate con un rafforzamento del ruolo dei Diritti speciali di prelievo, la moneta “sintetica” del FMI. Il “basket” monetario del FMI dovrebbe nel tempo diventare il nuovo strumento di riserva monetaria internazionale. Questa tesi ha raccolto posizioni favorevoli (un assetto del genere converrebbe anche all’Europa, che rischia di restare emerginata da un deal Cina-Usa) e posizioni invece scettiche, secondo cui la tendenza degli Stati Uniti sarà di ricostruire un equilibrio simile a quello pre-crisi. Che quindi non modificherà, se non marginalmente, l’esistenza di squilibri fiscali.