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Vietnam: ecco perché ha vinto la pace. Intervista a Enzo Falcone

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    • 22 Aprile 2014
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    • 22 Aprile 2014

    Un Paese “indomito” che, nonostante una storia segnata dalla guerra, “è riuscito a far vincere la pace”, intraprendendo un cammino di sviluppo. Questo il Vietnam secondo Enzo Falcone, medico milanese che da venti anni vive a Da Nang (nella parte centrale del Paese) e nel 2002 ha fondato Care the People, onlus che opera in ambito socio-sanitario e assistenziale. Falcone racconta al sito di Aspen i suoi ultimi progetti, fra cui la Casa del Sorriso (dedicata all’assistenza dei bambini di strada), e spiega la sua idea di cooperazione dal basso, basata cioè non su grandi organizzazioni, ma sulle abilità che ogni persona può mettere a servizio degli altri.

    Dopo la guerra, il boom economico. Come è andata veramente?
    Il Vietnam è un Paese incredibile dal punto di vista economico, ma soprattutto è un Paese indomito che, dopo aver subito una lunga storia di guerre e dominazioni, è riuscito a far vincere la pace. Non dimentichiamoci che prima degli americani qui è stata presente un’occupazione coloniale francese particolarmente dura, cui si è sostituita quella giapponese durante la seconda guerra mondiale. Tuttavia, a decenni di distanza, il conflitto con gli Stati Uniti – così mediatizzato e presente nel nostro immaginario attraverso i film di Hollywood, ma anche capace di segnare le coscienze dell’Occidente suscitando manifestazioni pacifiste in tutto il mondo – lascia ancora oggi i propri segni sulla carne delle persone.

    Un problema particolarmente grave è quello della diossina, contenuta nei diserbanti utilizzati dall’esercito statunitense: non solo questa sostanza ha causato da 2 a 4 milioni di vittime (a seconda delle stime), ma ha anche avuto un impatto molto pesante sull’ambiente riducendo del 16% la biodiversità: un vero e proprio ecocidio. Questo significa che l’inquinamento da diossina continua ad essere presente nel ciclo alimentare di moltissime persone e nell’ambiente. Ecco, nonostante tutto questo, oggi il Vietnam è riuscito a fare pace con gli antichi nemici e, anzi, li ha resi degli alleati per affrancarsi dall’influenza cinese. È iniziato così un dialogo bilaterale fra associazioni non governative che sta provando ad affrontare la questione delle vittime di guerra da diossina.

    Come mai ha deciso di stabilirsi in Vietnam e come è nata l’esperienza di Care the People?
    Sono arrivato per la prima volta in Vietnam venti anni fa dall’Africa per una missione di lavoro. Poi ho deciso di restarvi, anche perché qui ho conosciuto mia moglie. La mia alternativa era continuare a lavorare in giro per il mondo con le Nazioni Unite o fermarmi qui: ho scelto di provare a contribuire allo sviluppo di questo Paese che, nonostante la rapida crescita economica, ha ancora molti problemi socio-sanitari.

    Nel 2002 ho fondato Care the People: ancora oggi abbiamo un’organizzazione molto piccola, ma anche molto flessibile, e lavoriamo a contatto con l’amministrazione vietnamita, nella speranza anche di diffondere buone pratiche, sanitarie e non. In questi anni, infatti, ci siamo occupati di diversi progetti dalle cooperative per portatori di handicap alle mense per i più poveri, dalla formazione di operatori sanitari alla fornitura di attrezzature mediche a centri sanitari, passando per l’erogazione di cure alle fasce più povere della popolazione. Oggi lavoriamo soprattutto con donne e bambini e ci occupiamo di iniziative che vanno dell’erogazione di microcrediti a interesse zero per chi vuole realizzare una micro-impresa, a centri di accoglienza per l’infanzia disagiata, non dimenticando la costruzione di case per persone che vivono in condizioni precarie. Sembra banale, ma anche una casa in muratura con elettricità, acqua potabile e servizi igienici è sufficiente per ridurre l’insorgere di molte infezioni che qui risultano ancora mortali.

    Avete deciso di non avvalervi di fondi governativi o europei. Chi finanza le vostre attività?
    Abbiamo una struttura di finanziamento basata su privati che ci permette molta flessibilità. Le nostre dimensioni sono limitate, ma non ambiamo a diventare una grande ONG. Il rischio nella cooperazione è, infatti, che grandi strutture badino più alla propria sopravvivenza che all’effettiva qualità dei progetti. Ci sono organizzazioni che spendono più dell’85% del proprio budget nel mantenimento del personale e della struttura, con logiche non dissimili da quelle delle grandi aziende. Ecco, noi vogliamo essere diversi. E non ci affidiamo a finanziamenti governativi, proprio per evitare che i nostri aiuti diventino una moneta di scambio per interessi economici o politici. Del resto, sono convinto che ognuno di noi possa mettere a frutto le proprie capacità e fare la differenza dedicando, senza grandi rinunce, una parte del proprio tempo a fare qualcosa per gli altri

    Nuovi progetti in arrivo per il futuro?
    La nostra sopravvivenza è sempre un po’ precaria dal punto di vista economico, ma ci sono due progetti che ci stanno particolarmente a cuore. Il primo è un piccolo ospedale che avevamo costruito dedicandolo a Carlo Urbani, collega che ha lavorato con me in Vietnam. Purtroppo questa struttura è stata abbattuta dalle autorità per far spazio a un progetto di sviluppo turistico; mi piacerebbe trovare i fondi per ricostruirla. L’altro progetto è la Casa del Sorriso, una forma di assistenza per garantire a bambini in particolari condizioni di disagio i diritti alla salute, all’alimentazione e all’istruzione. Togliere i bambini dalla strada è un’attività che non si può fare senza garantire una certa continuità: così puntiamo a raccogliere fondi per mettere in sicurezza questa iniziativa. Per il resto, dal punto di vista personale, continuerò a dedicarmi alla mia attività di medico in giro per i villaggi, dove lavoro a contatto con le strutture pubbliche vietnamite, e a collaborare con l’Università di Medicina di Da Nang. Non ho grandi attrezzature e porto con me solo una valigetta, ma in fondo anche le malattie che qui causano la morte di molte persone sono semplici; e a volte basta davvero poco per curarle.

    Enzo Falcone è nato a Milano, dove si è laureato con lode in Medicina e Chirurgia presso l’Università Statale di Milano. Vive con sua moglie e i suoi 2 figli a Da Nang, in Vietnam, da venti  anni. Dopo aver operato come medico in Africa e in Asia, lavorando in diverse ONG internazionali, nel 2002 ha fondato Care the People onlus (www.carethepeople.it), associazione che opera in ambito socio-sanitario e assistenziale, con progetti rivolti in particolare ai bambini e alle donne.