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Stampa estera – il commento

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    • 7 Dicembre 2017
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    • 7 Dicembre 2017

    Manifattura tra innovazione e cultura della bellezza

    Intervista ad Antonio Alunni

     L’Italia è spesso rappresentata, sulle pagine della stampa estera, da notizie relative all’arte e alla cultura. Si tratta di un’immagine, spiega Antonio Alunni di Fucine Umbre, che è complementare alla valorizzazione dell’industria: la manifattura italiana è, infatti, l’erede di cultura, storia e bellezza, prima costruita in modo artigianale e straordinario, come dimostra il patrimonio delle nostre città. Oggi in modo innovativo, come richiesto da un mercato mondiale sempre più competitivo.

    L’Italia è un Paese capace di produrre innovazione?
    Sono convinto di sì. L’Italia ha un tessuto industriale forte e innovativo: lo dimostra la bilancia commerciale che ben indica il primato globale della nostra industria. Siamo indubbiamente un Paese in cui si fa innovazione e in cui è presente un capitale umano in grado di leggere le tendenze del mercato. Questo, ovviamente, riguarda la parte privata della nostra economia. Nel settore pubblico, invece, l’innovazione stenta ad entrare, con effetti negativi sul PIL nazionale. La media, insomma, non è sempre indicativa e spesso non lascia emergere le eccellenze innovative di molti settori manifatturieri e industriali in cui siamo tra i primi al mondo. In questo primato, non dobbiamo dimenticarlo, la capacità italiana di innovare è fondamentale, al di là dei luoghi comuni.

    La forza comunicativa dal made in Italy tradizionale può mettere in ombra i settori più innovativi?
    È possibile. Ed è proprio per questo che dobbiamo comunicare meglio la forza innovativa della nostra manifattura. Il mondo conosce le nostre capacità. L’Italia è certamente rappresentata come un Paese caratterizzato da arte e cultura. Ma questi aspetti sono complementari alla valorizzazione dell’industria: la manifattura italiana è l’erede di una tradizione di cultura, storia, bellezza. Del resto l’Italia è da sempre un luogo in cui si è fatta manifattura, prima in modo artigianale – questo lo vediamo nei monumenti, nell’arte che ci circonda – e poi con l’innovazione propria di un grande Paese industriale. A noi oggi il compito di lavorare affinché il mondo comprenda a pieno il potenziale che abbiamo.

    Quali opportunità può offrire l’industria alle nuove generazioni?
    L’industria deve essere guida nello sviluppo del Paese. E la storia dimostra che è nell’industria che si crea occupazione di qualità. Al di fuori dell’industria oggi il mercato del lavoro è sempre più precario, con livelli retributivi molto bassi. Le imprese industriali, invece, in un mercato così competitivo, non possono permettersi di risparmiare sulle persone. Oggi nessuno può dire con certezza se Industria 4.0 avrà un saldo occupazionale positivo o negativo. A questo proposito esistono teorie contrapposte. Io sono ottimista: come le altre rivoluzioni industriali hanno portato fuori dal mercato mansioni non più coerenti con il presente, penso che anche in questo caso accadrà lo stesso. É una partita complicata, ma non possiamo pensare a un’industria che non utilizzi le tecnologie: per conciliare innovazione e occupazione dobbiamo formare un capitale umano molto più forte e preparato. Uno sforzo che non può prescindere dalle capacità garantite da una formazione di base solida.

    Nel caso di Fucine Umbre la vocazione industriale del territorio ha aiutato l’innovazione?
    Noi esistiamo perché il nostro territorio ha questa vocazione industriale e siderurgica. Per Fucine Umbre il territorio è stato il vero fattore abilitante. L’innovazione è venuta in seguito, ma è stata determinante per la sopravvivenza dell’azienda, anche in una congiuntura economica difficile. Stiamo continuando su questo percorso, cercando di capire al meglio come sarà il mercato. L’innovazione, infatti, non è solo nelle macchine, negli impianti o nell’organizzazione. L’innovazione è anche cercare di dare al mercato quello che ancora non c’è.