Riforme e bravi ingegneri: ecco perché l’Italia ritorna attrattiva
Intervista a Sandro De Poli
La stampa internazionale ha dato grande risalto alla ripresa degli investimenti esteri in Italia. Il merito di questa inversione di tendenza – spiega Sandro de Poli, CEO di GE Italy and Isreal – non è però solo merito delle riforme che stanno cambiando l’immagine del Paese. L’Italia può offrire, infatti, una grande competenza ingegneristica a costi molto competitivi.
Come vedono oggi l’Italia gli investitori internazionali?
C’è stata senz’altro una virata in positivo legata al percorso di riforme intraprese e portate avanti con energia e buona velocità. Si tratta di aspetti cruciali per la credibilità di un Paese. Inoltre, è stata fatta chiarezza su alcune questioni molto importanti per le aziende come fisco e lavoro. Sono stati compiuti, poi, passi avanti sia per favorire gli investimenti in arrivo sia per aiutare l’internazionalizzazione delle imprese italiane: penso alla riorganizzazione dell’ICE, alla più chiara divisione di ruoli fra ICE e Invitalia, nonché all’attività di Sace a supporto del credito alle esportazioni
Quali fattori scoraggiano ancora gli investitori stranieri?
Un investitore estero non guarda di buon grado un Paese in cui le cause civili possono arrivare a durare 10 anni o dove il processo autorizzativo è lunghissimo e incerto. In altre parti d’Europa chi investe ha a disposizione un iter one-stop shopping che dà il responso e sblocca i lavori in poche settimane.
Non parliamo poi degli accertamenti fiscali: in qualità di presidente del comitato fiscale della Camera di Commercio Americana in Italia mi sono trovato a spiegare a manager e imprenditori esteri come affrontare accertamenti arbitrari. Il rischio, in questi casi, è che una brutta esperienza con il fisco scoraggi possibili investimenti. Oggi siamo in un mondo in cui i soldi vanno dove c’è la combinazione di questi fattori: convenienza, savoir faire, regime fiscale interessante, regime giudiziario efficiente.
Perché multinazionali come GE continuano ad investire in Italia?
Attraggono le competenze e la competitività di costo. Gli italiani non sono magari i lavoratori più a buon mercato del mondo, ma costano senz’altro meno degli americani, dei tedeschi, dei francesi e in alcuni casi perfino dei cinesi. Se parliamo di un livello elevato di ingegneria, infatti, vediamo che un lavoratore qualificato costa in Cina più di un omologo italiano.
GE ha investito in Italia e ha avuto successo. Dopo aver rilevato Nuovo Pignone all’epoca delle prime privatizzazioni, è tornata a scommettere sulla tecnologia italiana con l’acquisizione di Avio Aero nel 2013 e con un investimento da 600 milioni – appena annunciato – per il polo toscano del gruppo.
Non è un caso: per capirlo basta guardare a quello che il Paese può offrire a livello di tradizione ingegneristica. Un punto di forza che le ultime riforme, soprattutto quella del mercato del lavoro, consentono di valorizzare al meglio. Oggi se qualcuno dovesse chiedermi dove in Europa può aprire una fabbrica io gli consiglierei l’Italia.
Più cultura che tecnologia: questa è l’Italia sui media internazionali. Una visione che penalizza le eccellenze ingegneristiche?
Assolutamente no. Il livello delle competenze ingegneristiche italiane è ben evidente, soprattutto nei settori di alta tecnologia come quelli in cui operiamo. Pensiamo ai risultati industriali ottenuti da GE in una capitale culturale come Firenze: siamo arrivati che Nuovo Pignone fatturava un miliardo. L’anno scorso a perimetro equivalente i miliardi erano diventati 7. L’indotto dell’azienda si è moltiplicato, creando ricchezza sul territorio: non solo è diventato più ricco l’azionista GE, ma sono diventate più ricche – in termini monetari e di competenze tecnologiche – anche tutte le persone e le aziende dell’indotto che lavorano con noi.