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Stampa estera – Il commento

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    • 9 Giugno 2014
    • Giugno 2014
    • 9 Giugno 2014

    Niente più alibi e mai in ordine sparso
    Intervista a Mario Moretti Polegato

    Ottimi risultati per le aste dei titoli di Stato e investitori internazionali attenti alle occasioni del mercato italiano, soprattutto al piano di privatizzazioni. La stampa estera guarda con molto interesse all’aumento della liquidità sui mercati globali che sembra premiare l’Italia, mentre fanno ben sperare i dati positivi sulla fiducia dei consumatori. Ma questa rinnovata attrattività ha effetti tangibili per le aziende del made in Italy? L’Osservatorio Stampa Estera di Aspen Institute Italia ne ha parlato con Mario Moretti Polegato, presidente e fondatore di Geox.

    Cambia l’immagine dell’Italia sulla stampa internazionale. Con quali conseguenze per le aziende del made in Italy?
    Viaggio molto per lavoro e ritengo che negli ultimi tempi l’immagine dell’Italia sia sensibilmente migliorata. Certo, per chi fa produzioni di qualità l’impatto di questo miglioramento è indiretto: sui mercati internazionali, infatti, ciò che conta è avere prodotti che rispondano ai gusti del consumatore. Tuttavia un’Italia percepita come più stabile e attrattiva per gli investimenti, aiuta sicuramente le aziende italiane a reperire capitali per lo sviluppo. Non dimentichiamoci che il nostro mercato attrae ancora pochi investitori extraeuropei rispetto ad altri Paesi del continente. Per questo, aver rafforzato la nostra immagine di stabilità e di forte ancoraggio all’Europa è un vantaggio di cui dobbiamo saper approfittare.

    Come tradurre questa percezione positiva in un cambio di passo per l’economia italiana?
    In una ripresa che ancora stenta l’Italia può mettere in campo un sistema industriale molto reattivo. Nella nostra storia abbiamo dimostrato più volte di saperci riprendere dalle difficoltà e, oggi, rispetto ai momenti più bui della crisi, possiamo dire di essere rinati. Ora però dobbiamo crescere. In questo ha un ruolo importante non solo il sistema politico, ma anche il mondo degli imprenditori. Due anni fa uno dei temi di discussione internazionale era la crisi dell’Italia, mentre quest’anno è opinione diffusa che il Paese ce la possa fare. Tuttavia, ora che le nostre eccellenze sono ben evidenti, non ci sono più scuse: non abbiamo più alibi e dobbiamo  lavorare per la crescita. Gli altri Paesi certo non ci aspettano.

    Quanto ci danneggiano oggi alcuni tradizionali stereotipi negativi?
    Purtroppo molti degli stereotipi negativi associati all’immagine dell’Italia, non sono solo pregiudizi, ma realtà da affrontare: parliamo dell’incertezza normativa, dell’instabilità politica, della pesantezza burocratica, dei ritardi nelle infrastrutture. Sono nodi da sciogliere nel momento in cui la fiducia degli investitori sta tornando e con essa la liquidità in arrivo dall’estero sul mercato italiano. Si tratta di un’occasione da non perdere: non saper attrarre e mantenere gli investimenti esteri in Italia potrebbe rivelarsi un boomerang. Solo risolvendo velocemente questi problemi, potremo essere in grado di mettere in campo tutto il potenziale di cui l’economia italiana dispone. Abbiamo tutti gli elementi per farcela, essendo fra le altre cose, l’unico Paese in Europa ad avere in dote un connubio di immagine così forte fra stile e tecnologia.

    Si riparte, dunque, ma da dove? Dobbiamo valorizzare a livello internazionale le eccellenze, oppure metterle più efficacemente a sistema?
    La notorietà non è certo un problema per il made in Italy, anzi. La sfida, prima di comunicare il Paese-Italia è creare un vero sistema-Italia. Abbiamo tantissime eccellenze che però molto spesso vanno in ordine sparso e questo non solo per ragioni culturali, ma anche per la presenza di un tessuto industriale composto da tante piccole e medie imprese. La cosa più semplice è prendere esempio dai Paesi che meglio di noi hanno saputo organizzarsi e portare avanti una promozione efficace: accanto a Francia e Germania, da tempo anche la Spagna sta dimostrando di sapersi proporre in modo efficace e organico, anche sui mercati emergenti. Ne avremmo beneficio non solo noi, ma anche l’economia europea nel suo complesso.