Trovare nuovi modi per sfruttare commercialmente i satelliti già in orbita, creando valore economico. Questo l’obiettivo della ricerca di Alessandro Golkar, Direttore del Centro Spaziale e Professore Associato dell’università moscovita Skoltech. Una sfida, quella dell’apertura al mercato, che può interessare da vicino anche l’industria aerospaziale italiana.
Quali le nuove frontiere della ricerca applicata nel settore aerospaziale?
Oggi siamo ben oltre la fase di conquista dello spazio sorta e alimentata principalmente da motivazioni politiche e dalla competizione fra Stati Uniti e URSS. Questa parentesi è finita appena prima della dissoluzione dell’Unione Sovietica. Lo spazio ora è uno strumento di collaborazione politica; pensiamo, ad esempio, al programma congiunto Apollo Soyuz, ma soprattutto alla Stazione Spaziale Internazionale. La terza fase che stiamo vivendo adesso è quella del cosiddetto new space che punta a privatizzare alcune attività, come nel caso dei lanciatori di SpaceX, in cui il governo americano, per esempio, è diventato cliente di un servizio di cui compra un ‘biglietto’ (il lancio, appunto), piuttosto che sviluppatore e operatore del sistema stesso. Un cambio di paradigma e di allocazione del rischio tra settore spaziale pubblico e privato. Oggi invece osserviamo l’inizio di una quarta fase, la ‘space economy’, che mira ad aumentare l’utilizzo di dati spaziali per le applicazioni terrestri.
Avete, quindi, individuato nuove applicazioni commerciali?
Il potenziale economico e commerciale più importante risiede certamente nell’utilizzo dei dati spaziali per applicazioni innovative (il cosiddetto settore downstream). Dalla prospettiva della ricerca e sviluppo delle piattaforme satellitari, ossia nel settore upstream, gli sviluppi a mio avviso più interessanti riguardano un utilizzo più efficiente dei satelliti già presenti in orbita.
Oggi come oggi, infatti, i satelliti sono nella maggior parte dei casi sistemi isolati incapaci di parlare fra di loro. Certo, esistono costellazioni come Iridium o Globalstar, ma sostanzialmente ogni missione pensa e si struttura solo per i propri obiettivi.
Se ci riflettiamo, accade una cosa molto simile con le automobili. Quando il proprietario di un’auto è altrove e non la utilizza, questa rimane parcheggiata pur essendo perfettamente funzionante. Anche i satelliti restano per molto tempo inutilizzati. Alcune stime indicano che i satelliti americani per scopi di difesa risultano spesso inutilizzati per il 90% del tempo. Un vero problema visto che sono oggetti da centinaia di milioni di dollari.
Nel caso delle automobili è nato il car-sharing. Quello che noi stiamo studiando nel nostro gruppo di ricerca a Skoltech è una sorta di satellite-sharing: l’idea di mettere a fattore comune le risorse. Ovviamente per quanto riguarda i satelliti già in orbita la sfida è maggiore. Mentre su un’auto il meccanico può intervenire quando vuole, è difficile modificare le caratteristiche di un satellite una volta lanciato. Non resta che pensare a sistemi creativi.
Allora sarà possibile varare il satellite-sharing?
Tre anni fa abbiamo iniziato a valutare se questa proposta potesse avere un senso dal punto di vista commerciale. Abbiamo visto che il business case dava esito positivo, ma presentava numerose sfide. Così abbiamo impostato le nostre attività di ricerca su due filoni: il primo, teorico, serve a definire la proposta a livello di sistema, ipotizzando, ad esempio, la creazione di un mercato competitivo fra satelliti. Il secondo filone riguarda la realizzazione di nuove tecnologie abilitanti la nostra idea, almeno a livello prototipale.
Abbiamo lavorato sulle comunicazioni in radiofrequenza che si possano riconfigurare via software. È una tecnologia che in ambito militare esiste dagli anni Ottanta, ma che applicata in questo contesto ha buone potenzialità. Ci siamo concentrati, inoltre, sulle comunicazioni ottiche e stiamo ultimando il nostro primo prototipo di terminale laser tra piccoli satelliti in orbita bassa, cosa che nessuno ha provato a realizzare fino ad oggi. L’obiettivo di Skoltech è fare ricerca applicata: la nostra tecnologia relativa alla comunicazione laser dovrebbe fare il primo test di volo su satellite entro la fine del 2018. Poi sarà pronta per affrontare il mercato.
E l’Italia? Qual è il suo ruolo in questa nuova fase?
L’Italia, come terzo contribuente dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), investe 400 milioni di euro all’anno nel settore: non è certo un player da poco. Oltre a quelli di ESA sono attivi anche diversi programmi nazionali per circa 60 milioni di euro annui nel solo 2016. Questo si deve a una lunga tradizione: siamo stati il quarto Paese al mondo a mandare un satellite in orbita e il terzo a inviarlo con capacità di lancio proprie. Nel tempo si è creata una filiera industriale importante, e oggi l’Italia è uno dei pochissimi Paesi al mondo presente in tutta la catena del valore dello spazio: satelliti, stazioni di terra, lanciatori fino all’analisi dei dati. Il vero problema è che il budget non è sufficiente per valorizzate tutte le ottime competenze presenti. Il Paese è quindi a un bivio: o si focalizza su alcuni settori, come ha scelto di fare il Regno Unito, ma in questo modo rischia di perdere competenze in altri comparti; o cerca nuove fonti di finanziamento, aprendosi al mercato.
Molti programmi vanno sostenuti al di fuori della mera giustificazione economica, come quelli che riguardano la difesa nazionale o quelli di natura strategico-industriale. Personalmente sono convinto che sia necessario far diventare lo spazio parte integrante dell’economia nazionale così come lo sono altri settori simbolo del made in Italy.
Alessandro Golkar è un ingegnere aerospaziale italiano, nato a Roma, attualmente Associate Professor presso lo Skolkovo Institute of Science and Technology (Skoltech) di Mosca – università privata fondata nel 2011 in collaborazione con il MIT di Boston – e Interim Director del Centro Spaziale dell’Istituto. Nel 2015 ha contribuito alla formulazione della strategia spaziale italiana come membro dei gruppi di lavoro organizzati, tramite l’apposita Cabina di Regia Spazio, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall’Agenzia Spaziale Italiana.