L’Agenzia Spaziale Europea (ESA nella sigla inglese) non ha partecipato alla “Corsa allo spazio”, che durante la guerra fredda è culminata nella conquista della Luna. Eppure – grazie ad un importante contributo dell’Italia, che è membro fondatore e tra i maggiori contributori alle attività ESA – ha avuto un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’industria e delle tecnologie spaziali nel Vecchio Continente, come spiega Lucio Scolamiero, Principal Mechanical System Engineer a ESTEC, il “cuore tecnico” dell’Agenzia nei Paesi Bassi. Inoltre ESA ha già da tempo al suo attivo, ed in preparazione, missioni di elevatissimo valore scientifico e simbolico, come ExoMars 2020 che punta alla ricerca di tracce di forme di vita passata nel sottosuolo marziano.
Come definirebbe ESTEC?
L’ESTEC “European Space and Technology Center” è di gran lunga il sito più grande dell’ESA (che ne conta otto, distribuiti su vari Paesi europei), con una forza lavoro di circa 2000 unità tra staff e contractors. È a buon titolo considerato il “cuore tecnico” dell’ESA poiché qui è dove la maggior parte dei progetti ESA nasce e viene poi guidata attraverso le varie fasi di sviluppo, in collaborazione con le industrie nazionali e i partner internazionali. In ESTEC sono situate le principali test facilities dell’ESA, dove satelliti fino a 8-10 tonnellate di peso vengono sottoposti alle estreme condizioni ambientali del lancio, con vibrazioni e sollecitazioni acustiche potenzialmente letali per gli esseri umani. I satelliti, inoltre, vengono sottoposti, nel “Large Solar Simulator”, alle condizioni dello spazio cosmico con irraggiamento solare, vuoto e temperature inferiori ai -180 oC . ESTEC include anche laboratori di primissimo piano per lo studio dei materiali, life support per volo abitato, componenti meccanici, ottici ed elettronici, e un modernissimo centro di “Concurrent Design Engineering”.
Di che cosa si occupa ESTEC?
Le missioni cui si lavora in ESTEC attualmente sono troppe per essere citate tutte: fra le tante possiamo ricordare “Bepi Colombo”, missione verso Mercurio, il cui nome è dedicato all’eminente astronomo padovano Giuseppe Colombo, medaglia d’oro della NASA, ideatore delle manovre di fly-by, che furono fondamentali per alcune missioni interplanetarie dell’Agenzia spaziale americana degli anni Sessanta e Settanta.
In ESTEC, poi, abbiamo anche la leadership per lo sviluppo del sistema di navigazione satellitare europeo Galileo, con una costellazione di 18 satelliti già in orbita e altri 6 che si aggiungeranno presto per completare la costellazione. Non possiamo dimenticare, infine, le attività inerenti all’esplorazione spaziale (ExoMars), alla robotica spaziale, all’osservazione della Terra, alla stazione spaziale internazionale “ISS”. Piccola curiosità, nella stazione spaziale internazionale si beve acqua italiana, piemontese per la precisione, anche se occorre portare sia acqua di “rubinetto” più gradita ai cosmonauti russi, sia acqua di sorgente, apprezzata invece dagli astronauti americani.
Tramontata l’era della vecchia competizione spaziale USA-URSS, come vede oggi il ruolo dell’Europa?
Lo scopo dell’ESA è quello di “sostenere e promuovere, per scopi esclusivamente pacifici, la cooperazione tra gli Stati europei nella ricerca e tecnologia spaziale e loro applicazioni spaziali”. L’ESA, quindi, non si può dire abbia partecipato a quella “Space Race” conclusasi, in definitiva, con la fine della guerra fredda. Tuttavia l’agenzia, nel corso degli ultimi 50 anni, ha avuto un ruolo fondamentale in Europa per le attività di R&D, per lo sviluppo delle tecnologie spaziali e per garantire ai paesi europei un autonomo accesso allo spazio, assicurando la competitività dell’industria spaziale europea. Questo anche grazie al centro spaziale di Kourou nella Guyana francese, da dove vengono lanciati i vettori europei Ariane, VEGA e la Soyuz di fabbricazione russa. L’ESA ha anche avuto una importantissima funzione catalizzatrice verso l’industria spaziale europea che è matura e competitiva a livello mondiale (a volte in posizione di leader, come nei programmi di osservazione della Terra) e che conta più di 35.000 addetti. Da ricordare anche la funzione dell’ESA e la sua partecipazione alla stazione spaziale internazionale (ISS), esempio massimo di autentica cooperazione internazionale, senza frontiere, tra Stati Uniti, Russia, Europa, Canada, Giappone e vero avamposto dell’umanità fuori dal pianeta Terra.
Se è vero che l’ESA non ha partecipato all’epopea della corsa allo spazio culminata con la conquista della Luna, è pur vero che l’Agenzia ha già da tempo al suo attivo, ed in preparazione, missioni di elevatissimo valore scientifico e di importanza simbolica paragonabile a quella del programma Apollo. Basti ricordare la missione Rosetta, prima volta che una sonda spaziale si è posata su una cometa, oppure la missione ExoMars 2020, in collaborazione con l’Agenzia spaziale russa Roscosmos, finalizzata alla ricerca di potenziali forme di vita passata nel sottosuolo marziano, con trivellazioni fino a 2 metri di profondità, laddove si presume la vita possa essersi sviluppata, in quanto protetta dalle letali radiazioni cosmiche. E proprio la leadership del programma ExoMars è stata affidata all’industria spaziale italiana.
Il futuro dell’ESA, in definitiva, è scritto nella visione “Space 4.0”, per cui lo spazio non sarà più soltanto nella disponibilità di un gruppo limitato di nazioni dotato delle tecnologie necessarie, né composto da una somma di missioni spaziali, ma un elemento fondamentale di un contesto molto più vasto, che includerà l’emergente industria privata, il mondo dell’università e della ricerca, i cittadini, la sfera della digitalizzazione e degli scambi su scala globale con rilevanti ricadute economiche e sociali.
Quali le più diffuse applicazioni delle tecnologie spaziali nella vita quotidiana?
Senza alcun dubbio, e sarebbe troppo facile rispondere che i sistemi di navigazione di cui facciamo uso quotidiano sono per loro natura satellitari, che le previsioni meteo sono di natura satellitare, o che il futuro di internet sarà, molto probabilmente, satellitare (è in fase di sviluppo la costellazione OneWeb, una flotta composta da 648 satelliti per fornire internet su scala globale). È bene anche ricordare che le tecnologie destinate alla miniaturizzazione dell’elettronica – capaci di contribuire alle successive rivoluzioni dell’elettronica, dell’informatica e del digitale – hanno ricevuto forte impulso dall’esigenza di ridurre i pesi (e volumi) dei sistemi satellitari.
Ricadute importanti anche nel campo dei materiali e tessuti ad altissima resistenza termica e meccanica, ai pannelli fotovoltaici, ai sistemi avanzati di telecomunicazione. Anche tecnologie avanzate di sicuro futuro impatto nella realtà di tutti i giorni (quantum computing, stampa 3D, nanotecnologie…) sono di grande importanza per le applicazioni spaziali e come tali oggetto di studio e ricerca.
La lista delle applicazioni industriali sarebbe lunga. Per citarne qualcuna: il sistema di riciclo dell’acqua sviluppato per gli astronauti è utilizzabile anche per filtrare acqua sulla Terra; la robotica spaziale, che deve operare in condizioni ambientali “impossibili”, è riutilizzabile in contesti estremi (pozzi petroliferi, sfruttamento minerario, impianti nucleari,…) senza mettere a rischio vite umane; i sistemi utilizzati per i test di compatibilità elettromagnetica dei satelliti possono essere impiegati per ridurre l’inquinamento elettromagnetico delle reti per telefonia mobile. L’ESA del resto possiede un Technology Transfer Program Office e numerosi Business Incubator Centers (di cui uno nel Lazio), che si occupano appunto di facilitare la creazione di nuovi prodotti e servizi commerciali, offrendo la possibilità di utilizzare idee originate in un contesto spaziale.
Esistono ricadute positive per l’industria nazionale dato che l’Italia è uno dei maggiori contribuenti dell’ESA?
L’Italia è all’avanguardia nel settore aerospazio, e verrebbe da dire lo è da sempre, con riferimento alle attività pioneristiche in campo spaziale e dei lanciatori di Luigi Broglio, presso il centro spaziale italiano di Malindi nel Kenia (ora ribattezzato Centro spaziale Luigi Broglio). Ma tornando al presente va ricordato il ruolo di Prime Contractor affidato a Thales Alenia Space Italia per la realizzazione della missione GOCE – in prima linea anche nella missione Sentinella 1 del programma Copernicus; in Euclid, destinata a gettare un po’ di luce sul mistero della materia e dell’energia oscura dell’universo, nonché nella già citata missione ExoMars2020.
Dobbiamo anche citare il nuovo lanciatore VEGA (Vettore Europeo Generazione Avanzata), un programma per un piccolo lanciatore europeo sviluppato e qualificato dall’ESA per il lancio di satelliti da 300-1500 kg. VEGA, che è stato realizzato sotto la guida e con prevalente partecipazione dell’industria italiana. Si tratta di un vettore che ad oggi conta una percentuale di successo del 100% con ben 9 lanci perfettamente riusciti. Da notare che, data la rilevanza dell’industria italiana per la realizzazione del VEGA, il team ESA che ne ha seguito lo sviluppo e che si occupa delle prospettive future (VEGA-C, con capacità fino a 2.200kg) ha sede presso il sito ESRIN dell’ESA a Frascati, storicamente noto come centro per l’osservazione della Terra.
Lucio Scolamiero è Principal Mechanical System Engineer del programma MetOp-SG (Meteorological Operational Satellite – Second Generation) sviluppato da ESA in collaborazione con EUMETSAT. Lucio Scolamiero ha maturato un’esperienza ultratrentennale prima nell’industria italiana, poi come senior staff ESA. Lucio Scolamiero ha al suo attivo due brevetti internazionali.