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Nuove opportunità in Oman con il petrolio ai minimi. Intervista ad Alessandra Zingales

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    • 9 Febbraio 2016
    • Febbraio 2016
    • 9 Febbraio 2016

    Il petrolio ai minimi sta rivoluzionando la geografia economica del Medio Oriente. Fra i Paesi che stanno più attivamente lavorando per diversificare l’economia c’è l’Oman: il Sultanato, forte della propria stabilità politica, sta aumentando l’apertura agli investimenti stranieri creando ottime opportunità per le aziende italiane. Queste prospettive – spiega Alessandra Zingales, avvocato che da Muscat ha aiutato numerose imprese a registrarsi e a operare nel Paese – non riguardano solo i grandi gruppi, ma anche molte PMI che possono offrire ai clienti omaniti soluzioni tecnologiche di eccellenza. 

    Quali contraccolpi ha causato il crollo del prezzo del petrolio sull’economia omanita?
    Esiste il rischio che la dinamica del mercato petrolifero abbia impatti importanti sull’economia di questo Paese. Tuttavia dobbiamo osservare che il governo omanita sta cercando di spingere alla diversificazione con nuovi stimoli. Se da un lato ha aumentato il prezzo della benzina e le tasse sulle società, c’è una forte discussione sulla liberalizzazione degli investimenti stranieri. La nuova bozza della Foreign Capital Investment Law, attualmente in discussione, punta a ridurre ulteriormente i requisiti di capitale per la registrazione di aziende straniere, e ad allentare in alcuni settori il vincolo della presenza di un socio locale. Questo del resto è già meno stringente rispetto ad altri Paesi della regione, con una quota massima per gli investitori esteri che può arrivare al 70%, garantendo quindi il pieno controllo. In questo ottica l’Oman si candida ad essere accessibile non solo ai grandi gruppi, ma anche alle piccole e medie imprese più competitive. Una buona opportunità per l’Italia.

    Non bisogna dimenticare, inoltre, che l’Oman è anche un investitore attivo sui marcati esteri. Ha un fondo sovrano, l’Oman Investiment Fund – il cui chief economist fra l’altro è un italiano, Fabio Scacciavillani – che di recente ha acquisito una quota di una società italiana di componentistica auto. Gli omaniti stanno guardando anche ad altre occasioni, ma lo fanno con molta discrezione e, più che a grandi operazioni, appaiono interessati ad aziende che possano rappresentare un valore aggiunto per la loro economia.

    L’Oman è quindi un mercato interessante per le imprese italiane?
    Certamente. Innanzitutto si tratta di un Paese un po’ diverso rispetto agli altri della regione. Ha 4 milioni di abitanti, pur essendo grande come l’Italia, di cui quasi la metà stranieri. Gli omaniti sono ibaditi, seguono cioè una corrente dell’Islam “terza” rispetto a sunniti e sciiti e sono quindi al di fuori degli scontri religiosi che attraversano la regione. Esiste, poi, una grande tolleranza verso la cultura e le religioni straniere, con la capitale Muscat che accoglie templi e chiese di diverse fedi.

    Inoltre è un Paese estremamente stabile. Dopo la guerra civile conclusasi nel 1976 non ci sono state altre grandi manifestazioni di dissidenza. L’Oman non è né nella coalizione panaraba contro l’ISIS, né in quella guidata dall’Arabia Saudita in Yemen e mantiene buoni rapporti con tutti i Paesi vicini.

    Quali i settori più promettenti ?
    In Oman esiste una forte spinta agli investimenti per quel che riguarda le infrastrutture. Rispetto a un Paese come il Qatar, di dimensioni più contenute, qui c’è una grande necessità di nuove vie di comunicazione come strade, ferrovie e porti. In particolare, uno dei progetti più importanti riguarda la costruzione di un porto e dei relativi collegamenti a Duqm, a sud dello stretto di Hormuz, in una zona che il governo omanita ha destinato ad attrarre anche nuovi insediamenti industriali.

    Da questo punto di vista le grandi imprese italiane dell’ingegneria e delle costruzioni hanno fatto da apripista, in varie occasioni portando nel Paese anche i propri subappaltatori. In Oman mancano tante specializzazioni e in settori ad alto valore aggiunto, come la progettazione, ci sono alcune medie società italiane che stanno lavorando molto e bene. Dal punto di vista infrastrutturale, poi, un’altra grande opportunità è offerta dal turismo, ad iniziare dalla costruzione di nuovi alberghi. Si tratta di un settore in cui l’Oman sta cercando di differenziare la propria economia.

    Nelle relazioni fra Italia e Oman esistono grandi barriere culturali?
    Non direi, anzi fra l’Italia e l’Oman si stanno sviluppando una serie di interessanti progetti culturali. È notizia recente l’accordo fra il Galata Museo del Mare di Genova e l’Oman per la realizzazione di una struttura museale presso il porto-laguna di Sur. Altre istituzioni italiane, poi, sono impegnate ad offrire contenuti per musei e istituzioni culturali omanite, mentre varie università italiane, tra cui Pisa e Bologna, stanno portando avanti missioni archeologiche nel Paese. A settembre, invece, la Fondazione Arena di Verona è arrivata nuovamente nel Sultanato per aprire la Stagione lirica 2015-2016 della Royal Opera House Muscat, il cui cartellone propone regolarmente produzioni dei più importanti teatri italiani. In generale possiamo dire che la presenza italiana è esplosa, per quel che riguarda i residenti ma anche dal punto di vista dei turisti. E questo non può che accrescere e facilitare la conoscenza reciproca e le relazioni fra i due Paesi.