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Le eccellenze e i talenti italiani all’estero

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    • 27 Settembre 2009
    • Settembre 2009
    • 27 Settembre 2009

    Esperienze degli italiani nel mondo, sfide da perseguire per costruire competenze globali, capacità di muoversi nel mondo come sistema Paese. Aspetti legati da un unico filo conduttore: la valorizzazione delle eccellenze e dei talenti italiani all’estero. Talenti che sempre più trovano più facile emigrare che costruirsi in Italia una prospettiva adeguata di carriera. È a partire dall’analisi delle deficienze strutturali del sistema economico italiano che si comprendono le ragioni di questo fenomeno: la debole capacità del mercato del lavoro di assorbire persone con un alto livello di formazione, la domanda di occupazione – sia nel settore pubblico che in quello privato – che non incontra l’offerta, la difficoltà del sistema formativo di premiare il merito e costruire l’eccellenza.
    Ricognizioni scientifiche, numeri e statistiche, fanno emergere il quadro di un Paese statico, sempre meno in grado, rispetto agli altri partner europei, di garantire opportunità, merito e trasparenza. Requisiti, questi, necessari a sostenere la crescita sia individuale, sia del Paese nel suo complesso.
    Un Paese, il nostro, che non riesce a introdurre meccanismi di concorrenza, nell’economia come nel mercato del lavoro, e che non offre percorsi chiari di crescita. Così i veri talenti sono spesso costretti a sviluppare altrove le proprie facoltà. Si tratta di persone che, una volta all’estero, possono arrivare a occupare posti di alto profilo e responsabilità, e che rappresentano una «forza propulsiva positiva», capace di grandi idee, rilevante ai fini del progresso.
    Uno svantaggio competitivo per l’Italia, che potrebbe essere colmato se si iniziasse a passare dal brain drain – l’emigrazione, verso paesi stranieri, di persone di talento o con un’alta specializzazione professionale – al brain circulation, il movimento del patrimonio umano e professionale che, grazie agli spostamenti, si contamina con altre culture e crea valore aggiunto, a livello economico e sociale. In una cornice del genere, la mobilità rappresenterebbe un fattore di arricchimento culturale e professionale, aldilà di ogni frontiera.
    Dunque, mobilità intesa anche attrazione dei talenti dall’estero. Uno strumento importante per rendere i nostri territori competitivi e sostenere l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Un’attrazione che non dipende soltanto dalle istituzioni formative, ma da un sistema integrato di servizi – residenziali, culturali, sportivi, turistici – attraverso il quale mettere a disposizione adeguate strutture di accoglienza, per aumentare la fruizione, da parte degli stranieri, dell’offerta culturale e di loisir delle città e per favorire l’incontro degli stranieri con i sistemi socio-economici locali.
    Fare rete tra talenti aiuta evidentemente non solo i singoli fruitori, ma il Paese nell’insieme, che si rinnova a partire dalla competizione e il confronto con altre realtà.
    I principali punti critici riguardano l’effettiva capacità dell’Italia di infondere una dimensione internazionale e interculturale all’interno di tutte le proprie realtà, dall’insegnamento alla ricerca, dai servizi erogati al mondo del lavoro nel settore pubblico e privato.
    Punti critici, nello specifico, come la Pubblica Amministrazione, caratterizzata da una «cultura delle procedure più che del risultato» che ha contribuito, negli anni, a rendere una parte degli apparati sterili e improduttivi. Prevale una cultura giuridico-formale che in realtà ostacolato lo sviluppo del Paese, riducendo nei fatti legalità e certezza del diritto.
    Altro grande limite italiano è la ridotta conoscenza della lingua inglese, divenuta, ormai, codice e chiave dell’interculturalità. Perché il nostro Paese acceleri il processo di apprendimento dell’inglese vengono avanzate numerose proposte, centrate fondamentalmente sugli investimenti nell’istruzione e nella formazione e nel potenziamento degli strumenti – quali Erasmus – che consentono di svolgere periodi di studio all’estero.
    Per migliorare la circolazione dei cervelli, consentendo agli italiani di incrociare percorsi professionali adeguati al loro livello, e per attrarre talenti dall’estero, è necessario un profondo cambiamento culturale. Una convergenza di iniziative – dalle regole dell’economia, alle politiche pubbliche dell’istruzione e del lavoro, dai criteri di accesso alle professioni ai percorsi di carriera nelle istituzioni pubbliche e private –  che consenta al nostro Paese di realizzare un significativo, ed essenziale, balzo in avanti nel suo approccio internazionale, fatto di apertura, contaminazione, competizione e crescita.