Vai al contenuto
PIN

La fisica del neutrino salverà i ghiacciai. Intervista a Antonio Ereditato

    • Ricerca
    • Research
    • 30 Giugno 2014
    • Giugno 2014
    • 30 Giugno 2014

    La fisica delle particelle e lo studio delle loro interazioni non solo permette avanzamenti nella conoscenza del nostro universo, ma offre anche importanti contributi applicativi nella diagnostica e terapia medica, e perfino nella “radiografia” di grandi strutture, quali opere ingegneristiche, montagne o vulcani. E aiuta a proteggere i ghiacciai. Antonio Ereditato, Direttore del Laboratorio di Fisica delle Alte Energie e dell’Albert Einstein Center for Fundamental Physics, spiega al sito di Aspen le applicazioni rese possibili dai recenti studi sulle particelle. Anche se questi risultati, chiarisce, si ottengono solo garantendo libertà e autonomia alla ricerca fondamentale: non vi possono essere applicazione della ricerca di base e innovazione per la società, insomma, senza la spinta prodotta da uno studio curiosity driven.

    Quanto conta in fisica la ricerca fondamentale?
    In tutte le discipline, e non solo in fisica, è estremamente importante che gli scienziati si occupino di ricerca fondamentale: lo scienziato è colui che si dedica alle scoperte guidate principalmente dalla sua curiosità, con un approccio bottom-up e senza condizionamenti. Solo così si produce innovazione vera; il resto è applicazione della ricerca fondamentale, senza voler sminuire la rilevanza di questo processo di trasferimento. Per far comprendere l’importanza della ricerca fondamentale pensiamo agli effetti che può avere lo studio applicato alle candele: fare ricerca applicata sulle candele porterà probabilmente a creare una candela migliore e più duratura; ma solo chi potrà permettersi, invece, di giocare con bulbi di vetro e filamenti incandescenti, e di inseguire quindi la propria curiosità, giungerà  a un’innovazione dirompente, come la creazione della lampadina. Detto questo, però, credo sia utile per noi scienziati e per la società giungere a un compromesso: spesso le applicazioni delle scoperte scientifiche sono arrivate con decenni di ritardo. Oggi il nostro impegno deve essere quello di accelerare questo processo.

    A quali nuove applicazioni possono portare le ricerche nella fisica del neutrino?
    La fisica del neutrino è un tipico esempio di attività volta alla comprensione della natura, con conseguenti ricadute applicative difficili da quantificare e prevedere su tempi brevi. Tuttavia, la fisica delle particelle nel suo complesso ha sempre prodotto e offre anche oggi molteplici spunti per applicazioni notevolmente utili per la società. Nello specifico, l’applicazione delle nostre ricerche si sviluppa ad esempio lungo due diverse direttrici: la prima è l’utilizzo dei rivelatori di particelle nella diagnostica e terapia medica. L’altra è il loro impiego per usi più particolari, forse esotici, ma altrettanto affascinanti. Prendiamo il caso dei moderni rivelatori per muoni. Possiamo paragonare tali dispositivi a delle pellicole fotografiche un po’ speciali. Ecco, queste pellicole possono “impressionarsi” con i muoni cosmici, particelle che vengono dallo spazio e che  continuamente bombardano la Terra. Grazie al loro studio possiamo vedere cosa c’è all’interno di oggetti grandissimi, come montagne o grandi opere di ingegneria civile, il tutto senza praticare nemmeno un foro! È quella che con un termine tecnico chiamiamo “tomografia a muoni”. In Giappone hanno iniziato a lavorare con i vulcani, qui in Svizzera puntiamo ad osservare lo stato di salute dei ghiacciai; questo forse ci aiuterà a preservarli, un argomento di grande impatto sociale in una realtà quale quella elvetica. Io definisco le ricadute sociali dei nostri studi di ricerca fondamentale la nostra “assicurazione”, il nostro modo di dimostrare a chi ci finanzia che la ricerca – se fatta liberamente e senza condizionamenti – può portare anche a risultati molto concreti e interessanti per tutti.

    La crisi ha messo in pericolo i finanziamenti per la ricerca di base?
    No, credo che per fortuna la crisi non abbia alterato troppo l’equilibrio fra la ricerca fondamentale e le sue applicazioni. Paradossalmente, alcuni Paesi avanzati – è questo il caso della Svizzera dove mi trovo dal 2006 – hanno aumentato i finanziamenti alla ricerca di base durante la crisi. E questo perché una difficile congiuntura economica può essere l’occasione per rilanciare la competitività, puntando su prodotti e servizi a più alto valore aggiunto. L’Italia, invece, si presenta in una situazione più complicata: non può competere sul costo della produzione con i Paesi emergenti ed è ancora distante, per quanto riguarda gli investimenti in ricerca, dagli altri Paesi avanzati.

    In che modo allora è possibile recuperare questo divario?
    Bisogna in primo luogo moltiplicare l’investimento in ricerca che ora è circa all’1% del PIL e dovrebbe almeno raggiungere almeno il 3%. Poi è necessario rendere più efficienti questi finanziamenti, intervenendo sul mondo dell’università e della ricerca che, più che di nuove riforme, ha bisogno di coraggio per far emergere il merito e mettere in gioco nuove energie. Il terzo punto riguarda proprio la creazione delle condizioni per attrarre i futuri ricercatori e nuovi talenti. Non dobbiamo pensare alla mobilità dei cervelli necessariamente come un problema: al contrario, i nostri ricercatori che vanno all’estero contribuiscono concretamente alla propria formazione, anche se c’è bisogno di un bilanciamento fra cervelli in uscita e cervelli in entrata e della concreta possibilità di rientro al termine della formazione.

    Solo rendendo l’Italia più attrattiva per i ricercatori di tutto il mondo (italiani e non) si può arrivare a questo risultato. Arriviamo così al quarto punto: un trattamento economico dignitoso per i giovani scienziati. Non solo non si può far ricerca con lo stomaco vuoto, ma senza condizioni economiche adeguate non si possono nemmeno attrarre e mantenere in Italia quelle competenze che tanto gioverebbero alla nostro “sistema ricerca” e alla nostra economia: l’alta formazione, non dimentichiamolo, è un volano per un duraturo progresso sociale ed economico.

    Antonio Ereditato è Full Professor all’Università di Berna, dove è titolare della cattedra di “Experimental Particle Physics” ed è Direttore del Laboratorio di Fisica delle Alte Energie e dell’Albert Einstein Center for Fundamental Physics. Il suo principale campo di interesse è la fisica del neutrino.