Quella fra Italia e gli Emirati Arabi è una relazione vantaggiosa che dal lato italiano già genera 3,6 miliardi di euro di surplus della bilancia commerciale. In futuro – spiega Massimo Falcioni, CEO di Ethiad Credit Insurance – l’intercambio è destinato a crescere notevolmente e, grazie anche a nuovi accordi stretti con SACE, si aprono buone opportunità per le piccole e medie imprese. Gli Emirati, del resto, stanno puntando sulla diversificazione dell’economia e si propongono come hub nei confronti di mercati importanti come Asia e Africa.
Emirati e Italia, una partnership commerciale di successo?
L’Italia, nella bilancia commerciale con questo Paese, ha un saldo positivo per il 2018 stimato in 3,6 miliardi di euro, con circa 4,7 miliardi di euro di esportazioni. Non bisogna lasciarsi ingannare dagli ultimi dati che indicano un calo di export italiano nei primi mesi dell’anno: questa diminuzione si inserisce nell’ambito di una riduzione dei volumi commerciali a livello globale. E nei prossimi anni si potrà tornare ai livelli del 2015, quando le esportazioni italiane in UAE ammontavano a quasi 6 miliardi di euro.
Ad aumentare sono anche le esportazioni emiratine verso l’Italia per circa 1,1 miliardi di euro. Gli Emirati, di fatto, sono un grande hub di import-export con esportazioni, ad esclusione del settore petrolifero, per 52 miliardi di dollari: L’attività di riesportazione arriva peraltro a 122 miliardi di euro. Le prospettive che questo mercato offre all’Italia sono interessanti, perché in un quadro di contrazione economica globale l’economia continua a crescere. La ragione di questa performance è da ricercare nella diversificazione che gli Emirati sono riusciti a portare avanti: quasi l’80% del PIL viene da settori non collegati al petrolio e la componente svincolata dagli idrocarburi è in crescita del 3,7%.
Questa grande diversificazione – con preminenza di settori come commercio, finanza, turismo, trasporto aereo, chimica e materiali da costruzione – rende l’economia emiratina meno esposta ai cicli economici. Si tratta di un modello da studiare: una nazione con 10 milioni di abitanti che cresce perché si è aperta al mondo; infatti l’82% di chi vive qui viene da altri Paesi.
Quali sono opportunità per le aziende italiane?
Abu Dhabi nel 2019 ha stanziato qualcosa come 12 miliardi di euro per attrarre investimenti e sviluppare manifattura nell’emirato. Nell’Expo prevista per il 2020, poi, le aziende italiane hanno acquisito grandi commesse. Molte imprese italiane stanno scoprendo gli Emirati, non solo come mercato finale, ma anche come piattaforma per espandere il business.
L’essere un hub aumenta la resilienza di chi vi investe, perché qui ci sono le condizioni e le infrastrutture per guardare a diverse regioni cruciali del mondo. Non solo gli Emirati hanno una grande stabilità politica, ma contano sul terzo interporto globale (dopo Rotterdam e Shanghai), gestito da una compagnia pubblica che l’ha resto un modello di successo esportandolo in 40 Paesi.
L’efficienza logistica grazie a cui tutti i passaggi avvengono in 48 ore, permette di guardare non solo all’Asia (oggi destinazione del 59% delle esportazioni non-oil), ma anche al promettente mercato africano. A questo si aggiunge tutta l’area del Medio Oriente e persino la Russia, con cui gli Emirati hanno storici legami: molte aziende russe in passato hanno investito qui per difendersi dalla svalutazione del rublo.
Si tratta di opportunità che anche le PMI possono cogliere?
Qui le piccole e medie aziende sono ben viste: le 600.000 PMI presenti negli Emirati rappresentano l’82% dell’occupazione. Non bisogna però lavorare solo sulla comunicazione: alcuni ostacoli riguardano, infatti, le differenze culturali: in ambito europeo si lavora molto con le fiere, mentre qui la fiera è un’ottima occasione di inizio, cui deve seguire un investimento in presenza fisica sul territorio.
Il memorandum firmato lo scorso autunno a Roma fra il governo italiano, quello degli Emirati e le agenzie nazionali per il credito all’esportazione va in questa direzione. Insieme a SACE noi di Ethiad Credit Insurance supportiamo le imprese italiane che vogliono internazionalizzarsi, offrendo sicurezza assicurativa e finanziaria. Questa collaborazione fra le agenzia di due Paesi per l’estensione delle garanzie è una sorta di esperimento unico a livello globale e rappresenta un grandissimo vantaggio competitivo per le aziende italiane.
Com’è arrivato un italiano a capo di Etihad Credit Insurance?
La creazione di Etihad Credit Insurance (ECI) è una delle iniziative messe in essere dal governo degli Emirati nell’ambito della politica economica. L’agenzia ha una partecipazione del 50% del governo federale e del 50% dei governi dei singoli emirati, ed ha il compito di facilitare esportazioni di prodotti e servizi ed investimenti non oil, delle società localizzate negli Emirati Arabi Uniti, così come quello di sostenere lo sviluppo di settori strategici come il turismo, energie rinnovabili la logistica marittima ed aeroportuale. Sono arrivato negli Emirati a dicembre 2011, con l’obiettivo di sviluppare il mercato dell’assicurazione del credito nei paesi del Golfo, per conto di uno dei principali operatori tedeschi del settore, per poi assumere la responsabilità per i paesi dell’intero Medio Oriente per conto del principale assicuratore del credito francese.
Dopo sei anni di crescita costante, arrivando a garantire scambi commerciali negli Emirati per quasi 60 miliardi di dollari, nel 2017 ho ricevuto la proposta la nomina ad amministratore delegato di ECI, unico straniero a capo di una società federale governativa. Integrare un occidentale in un ruolo operativo di questo tipo è segno di una grande volontà di apertura, con l’obiettivo di arricchire il paese di competenze e conoscenze non ancora presenti.
L’Italia e gli italiani: come vengono percepiti negli Emirati?
Gli italiani negli Emirati sono apprezzati per vari motivi, ad iniziare dalla flessibilità. La qualità delle produzioni made in Italy, inoltre, proietta un’immagine di professionalità, rafforzata dal lavoro qui svolto dalla nostra diplomazia e dalle strutture di promozione commerciale. E poi c’è la creatività che rappresenta il nostro grande vantaggio rispetto ad altri competitor europei. Credo però che in Italia si dovrebbe lavorare di più sul sostengo all’internazionalizzazione, ad iniziare dall’università. Sono nel comitato scientifico di un corso post-laurea che la LUISS dedica al business negli Emirati: è stata un’esperienza molto positiva che dovrebbe essere replicata con i tanti professionisti italiani all’estero desiderosi di condividere le proprie esperienze.
Massimo Falcioni da febbraio 2018 è Chief Executive Officer di Etihad Credit Insurance (ECI), l’agenzia federale per il credito all’export degli Emirati Arabi Uniti. Nato nel 1967, Massimo ha oltre 28 anni di esperienza in ambito finanziario. A Dubai dal 2011, è entrato in ECI dopo essere stato CEO per i Paesi del medio-oriente presso la Compagnie Française d’Assurance pour le Commerce Extérieur (Coface). In precedenza è stato CEO di Euler Hermes GCC (Gulf Cooperation Council Countries), una società del gruppo Allianz, Direttore Centrale di Euler Hermes Italia, Membro del Consiglio di Amministrazione della Euler Hermes Siac Services e ha maturato una lunga esperienza in ruoli direttivi in aziende del gruppo Volkswagen – Financial Services e Philip Morris International.