Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da grandi shock che hanno messo a dura prova la tenuta economico-sociale dei principali paesi europei e dell’Italia. Il tessuto produttivo italiano è riuscito a superare le criticità incontrate durante il covid e la crisi energetica del biennio 2022-2023, mostrando una buona evoluzione economico-reddituale. Tuttavia, le disparità sociali non si sono attenuate: la quota di famiglie in difficoltà è significativamente aumentata, a causa dell’alta inflazione e l’incidenza della povertà assoluta familiare è salita all’8,3% nel 2022, per poi assestarsi al picco storico dell’8,4% sia nel 2023 sia nel 2024, ben 2,2 punti percentuali in più rispetto al 2014. Emergono nuove forme di fragilità: non più solo stranieri o disoccupati o residenti in aree storicamente svantaggiate, ma sempre più anche giovani italiani, famiglie del Nord, persone con un’occupazione.
Faticano soprattutto i nuclei familiari, spesso composti da giovani, che decidono di avere figli o quelli più numerosi. Il Mezzogiorno si conferma la macroarea con l’incidenza della povertà più elevata (10,5% nel 2024). Però, è nel Nord Italia che negli ultimi dieci anni questo indicatore è salito maggiormente (è quasi raddoppiato), passando dal 4,2% del 2014 al 7,9% del 2024. Colpisce, soprattutto, il dato relativo alle famiglie che hanno un operaio come persona di riferimento: tra queste, nel Nord l’incidenza di famiglie in povertà assoluta ha sfiorato il 16% nel 2024, quasi il doppio rispetto a dieci anni prima (quando era pari all’8,2%). In molti casi, quindi, avere un lavoro non basta più per uscire dalle sacche della povertà.


