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Attività

Il sistema industriale italiano: elementi per la crescita e l’internazionalizzazione

    • Palermo
    • 24 Ottobre 2008

          Il seminario ha affrontato le principali sfide cui il sistema economico italiano è chiamato a rispondere in questa difficile fase, caratterizzata da una crisi finanziaria internazionale, di origine sistemica, della quale non è ancora definitivamente accertata la portata e la stessa durata. Nel corso dei lavori, oltre a discutere delle cause della crisi, è stato messo in evidenza il ruolo importante svolto per l’Italia dall’Euro che – in una fase caratterizzata da molte difficoltà – è stato uno scudo importante.

          Accanto ad elementi di soddisfazione per come il quadro europeo abbia tutto sommato finora fronteggiato la crisi, con un buon grado di coordinamento, sono emerse anche delle questioni non risolte.

          È stato soprattutto sottolineato il ritardo nel favorire il rilancio di consumi interni e di esportazioni, e di conseguenza il rilancio del credito che consenta alle imprese di dare impulso alla produzione e l’avvio di un ambizioso progetto di opere infrastrutturali in grado di influenzare positivamente la domanda. Il nodo del rilancio delle infrastrutture, pur nella loro portata di lungo termine, è stato a più riprese definito di estrema importanza.

          Ma il modello italiano è emerso anche come quello caratterizzato da una importante serie di connotazioni positive, a cominciare dalla sua forte componente manifatturiera. Il fatto che il nostro Paese sia stato valutato dall’UNCTAD al secondo posto internazionale dopo la Germania, in termini di competitività, è sicuramente un ulteriore dato di grande significato.

          L’Italia figura al primo posto in tre settori: tessile, abbigliamento e cuoio calzature; al secondo posto in altri quattro settori: nella meccanica non elettronica, nella meccanica elettrica, nei prodotti manifatturieri di base e nei prodotti miscellanei. Il 30% del PIL è fatto di esportazioni; il 70% di questo (cioè in sostanza il 20% complessivo) è fatto dalle piccole e medie imprese. E questa fotografia non è più quindi quella di un’esportazione basata essenzialmente sulla svalutazione competitiva. È evidente che l’attuale crisi internazionale renderà tutti questi settori più vulnerabili.

          È proprio l’attuale contesto internazionale a sollevare alcuni quesiti. È da capire, infatti, in che modo un’industria caratterizzata da un crescente livello di managerialità, ma ancora accompagnata dal concetto di controllo famigliare (il mito del controllo) possa traghettare la propria impresa, senza perdite di competitività, dalla fase recente, in cui la finanza ha prevalso sull’industria. È quindi necessario riconoscere i propri recenti successi come industria, ma allo stesso tempo comprendere insieme – Governo, industrie e banche, parti sociali – come superare questa difficile congiuntura. Uno dei temi sui cui il dibattito si è più concentrato è stato quello della fiducia.

          In Italia il sistema industriale è solido, la situazione non è facile, in particolare per quanto riguarda l’accesso al credito. Un ritorno all’economia reale può far bene all’economia italiana, nella misura in cui si riuscirà ad accompagnarlo con una forte e coordinata azione di sistema. Un’azione che, peraltro, deve fronteggiare anche alcune criticità proprie italiane, a cominciare dai vincoli derivanti dall’alto livello del nostro debito pubblico. Ma è anche sulla capacità di investire sulla internazionalizzazione delle nostre imprese che si misurerà la capacità del sistema Italia di uscire meglio dall’attuale difficile situazione, definita con un’immagine efficace di “export in tempo di guerra”.

          In questo contesto è stato introdotto il tema dei fondi sovrani (o, almeno in alcuni casi, “fondi del sovrano”, come alcuni li hanno definiti). In questo contesto, il nostro Paese non può che muoversi fra la necessità di assicurarsi una normativa di carattere equivalente agli standard europei e internazionali sulle OPA, e un’attenta valutazione delle opportunità che in taluni casi possono anche derivare da un aumento di liquidità del sistema assicurato da investitori stranieri di lungo termine. Altro tema cruciale in questa fase, infine, quello della produttività. Anche se, rispetto ad essa, è difficile individuare meccanismi di misurazione, e quindi di redistribuzione che caratterizzano l’individuazione di una strada verso una sorta di “shared capitalism”.

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