Sinergie d’autore tra agroalimentare e turismo di lusso
Intervista a Stefano Agostini
Turismo enogastronico, segnalazioni di ricette della tradizione culinaria regionale e massima attenzione verso i produttori made in Italy. Non passa settimana senza che i quotidiani internazionali parlino dell’agroalimentare italiano, con approfondimenti che vanno ben oltre i marchi più diffusi a livello globale, e prevedono veri e propri viaggi alla scoperta dei luoghi di produzione di cibi e di bevande. Ma questo interesse aiuta l’export delle aziende italiane del settore? L’Osservatorio Stampa Estera di Aspen Institute Italia ne ha parlato con Stefano Agostini, presidente e amministratore delegato di Sanpellegrino.
La grande attenzione della stampa estera aiuta l’agroalimentare italiano?
Certamente. Il concetto del made in Italy nell’agroalimentare è molto forte perché trainato dall’amore per il cibo e da una cultura che è espressione del territorio e della manodopera di qualità. C’è soprattutto una cosa che ci rende unici: la capacità di vivere la qualità gastronomica anche dal punto di vista culturale. All’estero non viene apprezzata solamente la bontà della nostra cucina, ma anche l’ambiente che essa crea. A tavola, insomma, gli italiani sono percepiti come portatori di cultura. Il mercato internazionale è oggi un’area di grandissima opportunità: anche a causa della crisi del mercato domestico, infatti, una nuova leva di imprenditori è andata nel mondo a cercare opportunità di crescita, affiancandosi ai marchi con una tradizionale presenza estera.
Il successo della cucina italiana può trainare altri settori?
Credo proprio di sì. Abbiamo un’opportunità enorme come sistema Italia: quella di promuovere all’estero il meglio dei nostri prodotti, agroalimentari e non solo: pensiamo al lusso, al design, alla meccanica di precisione. Noi facciamo anche parte di Altagamma, fondazione che mette intorno a un tavolo aziende di settori diversi, ma tutte contraddistinte dalla cultura della qualità italiana. La grande sfida che abbiamo di fronte è fare più sistema, promuovendo il prodotto italiano attraverso quella base solida che è il nostro lifestyle. Questo è possibile perché il consumatore internazionale che richiede qualità nel tessile o nel design, è lo stesso che desidera godersi un momento conviviale con prodotti della tradizionale culinaria italiana, a casa o al ristorante. Le sinergie, insomma, sono importantissime.
Su cosa puntare, allora, per conquistare i consumatori stranieri?
È la cultura italiana ad essere attrattiva anche per la flessibilità e per i valori che rappresenta. E parte di questa cultura sono la capacità imprenditoriale e la curiosità di persone che vanno in giro per il mondo e capiscono quali sono le richieste dei vari mercati. Con il risultato di creare innovazione e offrire un prodotto studiato sulle esigenze dei consumatori locali, investendo anche, quando necessario, sull’educazione del consumatore e degli operatori del settore. Non dimentichiamoci, però, che tutta la qualità espressa dall’agroalimentare italiano ha come centro il territorio d’origine dei prodotti. E se andiamo a raccontare belle storie in giro per il mondo, poi queste storie devono essere confermate nel momento in cui si viene in Italia.
Quindi il turismo si conferma strategico per l’export agroalimentare?
Il turismo oggi è l’elemento di maggiore successo per educare il consumatore internazionale. Fare pubblicità nei Paesi dove non si è ancora diffusa l’abitudine al lifestyle italiano richiede investimenti notevoli e porta a risultati solo nel lungo periodo. Il processo, invece, è molto più veloce quando sono i consumatori stranieri a venire in Italia. Esportiamo in 140 paesi e, dovunque, vediamo “fame” di prodotti italiani di qualità. Per questo l’Italia deve continuare a lavorare molto sul turismo e valorizzare al meglio l’ospitalità di alto livello: è necessario far nascere circuiti fra imprese e creare pacchetti flessibili per i turisti. L’idea è quella di associare il soggiorno in grandi alberghi, con la possibilità di visitare le aziende del fashion e del design. Rendendo, magari, il tutto più piacevole con qualche proposta di turismo enogastronomico.