“Il mondo soffre per mancanza di visioni”, afferma Benedetto XVI nella recente enciclica Caritas in veritate. La contemporaneità, con le sue problematiche quotidiane, sembra indirizzare le menti a riflessioni più immediate e dirette. L’odierno immiserimento culturale e la perdita di orizzonti ideali hanno generato paura di vivere e di pensare, di elaborare. L’attuale scenario di crisi internazionale tanto vituperato può rivelarsi in questo senso un’opportunità straordinaria di ridefinizione del modello sociale vigente. Le difficoltà finanziarie e sociali che stanno attraversando il mondo in questi mesi derivano innanzitutto da una crisi di valori. Si è perduto quel senso di coesione e di condivisione necessario al vivere comune e la mancanza di punti di riferimento stabili ha prodotto la mancanza di fiducia nel prossimo così evidente nella nostra società. La crisi finanziaria, generata dalla sfiducia degli operatori economici in strutture consolidate come le banche o le Borse, è soltanto l’epifenomeno di ciò che è in atto.
L’uomo sente, ancora una volta, il bisogno di appoggiarsi su un valore imprescindibile: la Verità. Un obiettivo che non finisce di dividere. A confrontarsi sembrano sostanzialmente due approcci: la prima è la concezione relativistica, soggettivistica, che considera la Verità come una Medusa che di volta in volta muta volto a seconda delle contingenze. Una posizione inquadrata dalla frase del Leviathan di Thomas Hobbes “Auctoritas, non veritas facit legem”, alla base del contrattualismo; per capire la sua portata si pensi alla tensione rappresentata nell’Antigone di Sofocle. La seconda concezione è quella classica, che crede nell’oggettività della Verità, o per meglio dire in una sua trascendenza. Emblematica l’immagine del Fedro di Platone che identifica l’anima con un cocchio che vola attraverso la pianura della Verità. La conoscenza si ha in una regione oggettiva, già circoscritta. “La Verità non la si ha, nella Verità si è” riteneva Adorno, leggendo un primato della Verità.
La riflessione sulla Verità ha il valore di insistere sulla ridefinizione di confini, sulla rimozione di quel quadro di opacità, di menzogna, che sembra oggi guidare gli interessi economici. La ricerca della Verità crea una tensione positiva, di cui ha bisogno anche il mercato. Senza la ricerca del Bene comune qualsiasi attività perde la bussola necessaria. Serve un nuovo slancio di riflessione, che inizi davvero a comprendere la dimensione dell’Altro. La costruzione dell’Io avviene oggi attraverso il possedere, il conquistare, l’agire per avere. Ciò è positivo nella misura in cui stimola l’operosità, ma corre il rischio di degenerare quando l’arricchirsi diventa l’unica meta. L’immagine più folgorante è offerta dalla novella La roba di Giovanni Verga, rappresentazione di come l’idolatria del possesso renda l’Uomo stesso simile alle cose: lo “cosifica”. Il concetto di Dono è in questo senso opposto, prevedendo la costruzione di sé attraverso il perdere. Paradossalmente, un perdere per avere. Un possedere realmente, che sottende la logica del gratuito. È, in ultima istanza, la logica dell’Amore: “l’innamorato di sua natura sciala”. Quest’offerta all’Altro è il momento più alto, più creativo della persona. La dimensione del gratuito, dello spirituale, del personale, non circoscritta alla logica del contraccambio è costantemente presente in noi. L’economia e l’umano si integrano. Non è realista chi non lo crede. Interessante è dunque connetterli. Per pensare il futuro in un modo più faticoso, ma anche più realista e affidabile.