Aspen Institute Italia da tempo dedica attenzione al mondo della scienza nelle sue varie declinazioni (qui il dossier Aspen e la scienza), attraverso la preparazione e diffusione di rapporti e ricerche. Nel 2022 è stato lanciato il programma, di taglio internazionale, Aspen Initiative in favor of Pure Science, frutto della collaborazione tra i quattordici istituti Aspen nel mondo. Obiettivo del progetto è valutare lo stato della ricerca e degli investimenti nella scienza. A questo proposito, è stato prodotto e presentato un global report che ha offerto una fotografia della ricerca scientifica nei 14 paesi esaminati. Tre anni dopo l’istituto ha presentato una revisione di quel rapporto con riferimento specifico allo scenario italiano: Lo stato della ricerca scientifica in Italia. Questi temi sono stati approfonditi da una serie di interviste realizzate da RaiCultura.
L’indagine sullo stato della ricerca scientifica in Italia presenta un quadro complesso, risultato della intersezione tra attori istituzionali, articolazione delle fonti di finanziamento e riferimento al quadro internazionale. La logica di base è il ruolo giocato dalla ricerca scientifica nel progresso economico e sociale dell’Italia, con tutti i punti di forza e di debolezza del suo sistema. La fotografia offerta presenta un Paese di grandi potenzialità ma con alcuni limiti strutturali. Il ragionamento si sviluppa su quattro concetti chiave: la dimensione del sistema, il finanziamento della R&S, la valutazione della ricerca e i rapporti internazionali.
Dimensioni e finanziamento della R&S
Il sistema della ricerca è composto da una serie di attori, ossia il Ministero dell’Università e della Ricerca, le università, gli enti pubblici di ricerca (molti dei quali vigilati dallo stesso Ministero), le imprese. A questi poi si aggiungono ulteriori soggetti sia pubblici che privati. Gli attori sulla scena presentano natura, finalità e attività di ricerca differenti e distinti tra ricerca di base e ricerca applicata – ossia indirizzata a finalità “produttive”. Gli indicatori utilizzati rivelano che il sistema italiano è in linea con gli altri primi dieci paesi del mondo. Vi sono tuttavia alcuni elementi critici e tra questi, in particolare, la bassa integrazione intersettoriale, vera sfida cruciale per il sistema, e il deficit di spesa privata per R&S: nonostante un incremento degli investimenti da parte delle imprese italiane, rimane ancora un ampio divario su base annua rispetto agli altri paesi europei.
L’autofinanziamento della R&S da parte delle imprese italiane è essenziale, per la mancanza di sostegni esterni come il venture capital o il capitale di rischio. Dai dati emerge anche che l’autofinanziamento è basso nel settore pubblico, come peraltro in altri grandi paesi europei. I fondi del PNRR potrebbero colmare il divario ed offrire delle potenzialità, ma si pone il problema della sostenibilità “a posteriori” degli investimenti effettuati. Un cambiamento è stato indotto da incentivi fiscali e crediti d’imposta in favore della R&S. Per quanto costituisca un robusto fattore di crescita, anche questo strumento presenta alcuni aspetti critici che hanno posto problemi di sostenibilità. I dati rivelano che, ad esempio, molte PMI hanno utilizzato gli incentivi per avviare progetti di ricerca, a cui però non è stato dato seguito con fondi propri: non si è perciò messo in moto l’effetto moltiplicatore atteso. Altra fonte di finanziamento alla ricerca sono i fondi europei, importanti ma non essenziali. Il contributo europeo è, infatti, basso e concentrato su grandi soggetti pubblici e privati. Quindi è utile per sviluppare progetti di punta per i nostri campioni nazionali ma poco utile per la scienza nel suo complesso.
Dai dati della ricerca emerge che la valutazione istituzionale in ambito MUR degli enti di ricerca e delle università ha ancora un impatto ridotto. Inoltre, si pone e va affrontato il grande tema dei ranking universitari che si basano su una metodologia piuttosto discutibile. Per quanto riguarda il settore privato, la valutazione si basa sulla performance, ossia la capacità di mantenere alti livelli di produttività, competitività e redditività. A tali misurazioni si aggiunge la valutazione dei brevetti, peraltro ancora pochi in termini di qualità. Con riferimento sia alla dimensione e al ruolo della ricerca italiana, sia alla produzione di articoli scientifici da parte di università e centri di ricerca, sia alla brevettazione, si evidenzia un quadro coerente con le potenzialità del Paese. Le criticità compaiono in ambito qualitativo, anche se qualsiasi indice di qualità non può essere considerato in maniera assoluta.
Molti progetti sono sostenuti dal Ministero degli Affari Esteri d’intesa con il Ministero dell’Università e della Ricerca, ma si evidenziano anche in questo caso alcune criticità nelle collaborazioni con altri paesi per quel che riguarda le università e gli enti di ricerca. Gli scenari di collaborazione sono principalmente tre: con soggetti leader per determinate aree di R&S; tra soggetti con capacità complementari, su basi paritarie; la cooperazione con paesi più arretrati da un punto di vista tecnologico e scientifico. Le collaborazioni con alcuni particolari paesi evidenziano contraddizioni tra obiettivi scientifici e obiettivi economico-strategici, lasciando aperte questioni di sicurezza economica e di sovranità tecnologica.
Infine, nella logica di un maggiore coordinamento tra le diverse componenti della R&S a favore di forme di partnership pubblico-privato, si possono valutare parternariati estesi ed ecosistemi dell’innovazione con orientamento anche verso il trasferimento tecnologico. Tali forme di collaborazione potrebbero adottare lo schema già utilizzato di Hub& Spoke, ossia quel sistema di gestione e sviluppo delle reti nel quale le connessioni si realizzano quando un soggetto pubblico individua la tematica di interesse e affida la gestione ad un soggetto “attuatore”, ovvero l’”Hub”. In una fase successiva, vengono previsti bandi di gara per finanziare studi specifici condotti da soggetti esecutori, ossia gli “Spoke”.
Valori e dinamiche della scienza. Nuovi percorsi
La fotografia del sistema italiano della ricerca non può tuttavia prescindere da ciò che la scienza rappresenta nella società, a cominciare da valori e dinamiche ben precisi. Cominciando dai valori: curiosità, necessità, strumenti, forza, rigore, utilità del dubbio, fiducia nel confronto aperto tra persone che coltivano la scienza in una logica di impresa collettiva. I valori ineludibili dello scienziato sono la libertà del pensiero (guidata dalla curiosità), la responsabilità verso ciò che è reale, ossia i fatti. Deve esserci rispetto per il senso del mistero, ossia di ciò che non conosciamo. La scienza, insieme ai suoi valori, porta con sé anche una sua fragilità perché spesso è scomoda, va contro il senso comune e ciò a cui non vogliamo credere; quindi, viene attaccata e ha bisogno di essere difesa.
In primo luogo, va difesa anche dalla tecnologia prescientifica che domina la nostra epoca. Il riferimento è naturalmente all’Intelligenza Artificiale, ossia una tecnologia che precede una teoria scientifica che non capiamo ancora e della quale dobbiamo scoprire le leggi e individuare i principi. Ma viene utilizzata per comodità e per ottenere risultati scientifici, ossia è uno strumento. Il dovere della scienza oggi è di comprendere questa tecnologia e di non utilizzarla solo come mezzo. In un dialogo scienziati-istituzioni potrebbe essere presa in considerazione la proposta di creare un centro per la IA modellato, ad esempio, come il CERN dove l’IA sarebbe oggetto di studio e non solo strumento tecnologico. Una opzione dettata nell’interesse della crescita economica ma anche dell’affermazione di un modello di umanità da trasmettere alle generazioni future, ragionando nella logica dei “valori”.
Entrando nell’ambito delle dinamiche che la scienza innesca, si deve fare necessariamente riferimento alla crescita economica indotta dal progresso scientifico e, quindi, al rapporto tra scienza e crescita. Un rapporto che è maturato nel corso dei secoli. Si è partiti dal concetto di scienza come esternalità e fattore esogeno al sistema per approdare al concetto per il quale l’innovazione rappresenta l’applicazione economica delle scoperte scientifiche, attribuendo così agli imprenditori un ruolo centrare nel tradurre la ricerca scientifica in progresso. Si è preso atto che il sistema evolve e quindi non esiste un modello di ottimizzazione, ossia una quantità specifica di ricerca da finanziare. Nel contesto attuale, la libertà economica, abbinata alla ricerca scientifica e alla crescita, è motore di sviluppo pur con alcune criticità. Quando la ricerca scientifica è finalizzata al prodotto, si produce crescita economica, ma non c’è libertà di ricerca. Al contrario, dove esiste libertà di ricerca abbinata a libertà economica e dove il risparmio può essere utilizzato per finanziare la ricerca, allora assistiamo al progresso non solo economico e scientifico, ma anche sociale. L’Italia non è collocata molto bene in questo scenario per la mancanza di finanziamenti adeguati, ossia il sistema finanziario non converte a sufficienza il risparmio in ricerca.
Emergono spunti che potrebbero indicare un percorso da seguire. Come viene spesso riportato nei dibattiti su questi temi, fondamentale è investire sulla libertà giovanile di fare scoperte poiché dalle scoperte nascono le rivoluzioni, ben oltre l’Intelligenza Artificiale. Il problema cruciale della ricerca scientifica rimane tuttavia legato alla performance, ai finanziamenti e ai limiti posti dal bilancio dello stato. La ricerca pura sembra legata alla ricerca applicata e alla misurazione di quanto viene prodotto, perché le imprese, finalizzate al profitto, sono naturalmente portate a finanziare progetti dai quali ricevono un risultato. Il problema è probabilmente culturale e si può risolvere con il dialogo e lasciando il sistema in continua evoluzione, rafforzando le collaborazioni pubblico-privato.