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Attività

Evoluzione della regolamentazione delle Authority

    • Roma
    • 6 Giugno 2018

          Diversi sono i temi di riflessione emersi nel corso dell’incontro dedicato all’evoluzione della regolamentazione delle autorità indipendenti. Espressione di quel generale fenomeno di policentrismo decisionale che caratterizza lo Stato moderno, le authority si sono affermate per far fronte ad alcuni bisogni degli Stati, quali il sovraccarico dei Parlamenti che delegano quindi funzioni di regolazione e la necessità di introdurre un certo tasso di pluralismo nelle strutture amministrative, in un contesto in cui i rapporti internazionali sono sempre più frequenti. Non si deve, inoltre, dimenticare la forte sollecitazione dell’ordinamento europeo, sia relativamente alla loro genesi, che con riguardo al concreto esercizio delle loro funzioni, venendosi quindi le authority a trovare in una posizione intermedia tra amministrazioni di governo e amministrative europee e nazionali.

          A circa trenta anni dalla loro affermazione, le authority rappresentano oggi una componente rilevante nel contesto istituzionale italiano. Grazie ad un peculiare modello di organizzazione – i cui cardini sono l’indipendenza, l’elevata competenza tecnica e il cumulo di poteri – esse non solo hanno un ruolo fondamentale di tutela di interessi pubblici e privati, ma svolgono anche un’importante funzione di raccordo tra il diritto europeo e il diritto interno. Come è emerso nella discussione, il tempo non sembra essere passato invano, in quanto nel corso di questi anni – in cui si è assistito alla fase cd. ascendente del modello delle autorità indipendenti – si sono colmati importanti vuoti regolamentari, si sono perfezionate le procedure decisionali e si è raggiunto un buon equilibrio tra decisione tecnica – che contraddistingue il loro operare – e controllo giurisdizionale e accountability.

          Non è in questione il modello delle autorità indipendenti, ma all’ordine del giorno è la necessità di definire meglio la loro disciplina in una serie di aspetti, quali ad esempio i rapporti con gli organi titolari di indirizzo politico e con gli operatori di mercato, i procedimenti di nomina, il miglioramento delle procedure regolatorie, la necessità di assicurare maggiore trasparenza alla loro azione, la disciplina dei procedimenti sanzionatori. In questo processo, la prospettiva degli economisti ha sollevato l’esigenza di tener conto di un evidence-based approach: non ci si può esimere dal valutare l’efficacia della azione svolta finora, che dovrebbe essere il punto di partenza di qualsiasi riforma, così come di tener conto della necessità di partire dai beni pubblici a protezione dei quali le autorità indipendenti sono state istituite.

          Quanto ai principi cardine che dovrebbero guidare il progetto di riforma delle authority si è detto che l’actio finium regundorum va fatta, ma senza intaccare la loro indipendenza e tecnicità. Con riguardo al disegno istituzionale, sono state commentate le diverse opzioni prospettate nel documento di analisi, laddove le soluzioni integrate sarebbero volte a superare possibili conflitti di competenze e sovrapposizione di interventi. È stata ribadita da alcuni la preferenza per le soluzioni non integrate, al fine di salvaguardare il rapporto di complementarità e non sovrapposizione tra attività ex ante di regolazione dei mercati e quella ex post di enforcement. Inoltre, è stato ribadito come il controllo giurisdizionale debba continuare ad essere un fattore di bilanciamento penetrante, considerato che tali autorità “fanno diritto” intervenendo nella disciplina dei rapporti tra privati, sia attraverso la regolazione che attraverso l’attività di enforcement e la soft law.  È stato evidenziato altresì come una buona regolazione dei mercati sia un fattore competitivo cruciale per l’attrazione degli investimenti e come la rivoluzione digitale e la nascita di gruppi integrati richiedano sempre più che la competenza tecnica settoriale o multisettoriale vada coniugata con convergenza tra settori, come, ad esempio, accade per l’IT e l’energia.

          Un progetto di riforma non deve limitarsi ad una revisione delle strutture esistenti, ma deve saper introdurre cambiamenti adeguati rispetto alle evoluzioni di medio-lungo periodo, prestando attenzione a risolvere quei nodi problematici che finora si sono manifestati e a non importare modelli di riforma che potrebbero non adattarsi all’ordinamento italiano.

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