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Attività

Big data, markets and citizens in a data-driven economy

    • Roma
    • 13 Dicembre 2017

          I Big data – che alcuni definiscono come il nuovo “petrolio” perché come questo necessitano di essere “raffinati” per essere utili – sono alla base della Data Driven Innovation, la nuova rivoluzione industriale. E, come ogni rivoluzione, comporta importanti implicazioni – in termini di nuovi servizi e di dinamiche di mercato – sulle economie e sulle società di tutto il mondo.

          La tecnologia, hardware e software, per raccogliere ed elaborare dati è ormai alla portata di aziende e istituzioni e lo stesso accesso ai dati avviene in modo relativamente semplice. Quello che però conferisce loro valore sono gli algoritmi, sempre più sofisticati, con cui vengono trattati e le competenze che – come è stato sottolineato – sono attualmente scarse. Su questo ultimo aspetto le università, in particolare quelle americane, stanno implementando percorsi formativi per sopperire a tale mancanza.

          Nel dibattito pubblico si delineano due visioni circa l’impatto dei Big Data sul mercato: la prima definisce i Big Data come una risorsa chiave controllata da aziende dominanti e che possono così ostacolare l’accesso al mercato da parte di aziende concorrenti. La seconda visione invece definisce i Big Data come una risorsa, resa disponibile da vari provider e che le imprese possono sfruttare per migliorare l’offerta qualitativa dei servizi.

          Per quanto attiene all’aspetto relativo all’impatto sulla concorrenza, è stato sottolineato che la regolamentazione europea in materia di antitrust non considera reato detenere una posizione dominante sul mercato, ma soltanto il suo eventuale abuso. Non è però considerato un abuso il fatto che l’impresa abbia raggiunto una posizione dominante attraverso l’attività di raccolta ed elaborazione dei dati.  Tuttavia, ci si interroga se non sia opportuno che le aziende in possesso di  una quantità così ingente di dati non siano tenute a condividerle. Anche sotto questo aspetto, le leggi antitrust europee prevedono questa possibilità quando si palesano contemporaneamente una serie di condizioni effettivamente limitative della concorrenza e lesive dei diritti del consumatore.

          I Big Data rappresentano al contempo una grande possibilità per le imprese e una sfida per le istituzioni. Le prime, grazie a sofisticati algoritmi, possono soddisfare la domanda e permettere di offrire nuovi servizi ai consumatori, raggiungendo obiettivi ambiziosi e migliorando l’efficienza. Dal canto loro, le istituzioni possono – attraverso una migliore gestione dell’enorme quantità di dati, strutturati e non, di cui dispongono – operare scelte nell’interesse dei cittadini. Per raggiungere questo obiettivo sono state indicate alcune azioni strategiche: una maggiore concertazione delle azioni delle singole amministrazioni; la realizzazione di una struttura nella quale far confluire i dati; la formazione di specifiche competenze anche con il supporto di esperti in gestione dei big data.

          La nuova rivoluzione comporta una modifica delle modalità di concorrenza e delle dinamiche di mercato, rendendo necessaria una “data strategy” in cui l’attività del legislatore non sia di ostacolo per le imprese e debba essere capace di evolversi e modificarsi. Solo così si potrebbe assicurare alle imprese la possibilità di competere in innovazione su un terreno neutro e libero da eccessive regolamentazioni. In una realtà che si evolve costantemente e a ritmi elevati, il ruolo del regolatore risulta dunque fondamentale e al tempo stesso delicato. Una combinazione di co-regolamentazione e di autoregolamentazione è auspicabile, seppur con la consapevolezza che non potranno mai a coprire l’intero fenomeno.

          Accanto all’aspetto del mercato e della sua regolamentazione, non deve però essere dimenticato l’individuo, colui che è alla base dei dati. Un tempo questi dati erano utilizzati essenzialmente per fini strettamente economici; oggi ne viene fatto anche un uso secondario. Le tracce digitali lasciate quotidianamente consentono una sempre più precisa profilazione dell’utente da parte delle imprese. L’analisi attenta di queste masse di dati tuttavia, non solo consente di fornire servizi innovativi, ma potrebbe essere utilizzata per prevedere il comportamento del consumatore sino ad influenzarne, nei casi peggiori, le scelte in ogni ambito.

          Oggetto di dibattito è stata anche la connessione tra privacy e concorrenza nei casi di concentrazione a seguito di fusione tra aziende fornitori di servizi agli utenti. Sono in particolare i casi in cui i Big Data raccolti per fornire un servizio sono caratterizzati dal fatto che la privacy è parte integrante del servizio offerto. È dunque necessario – anche se difficile – ricercare un punto d’equilibrio tra volontà del cittadino di ottenere i benefici della segmentazione dei nuovi servizi, e allo stesso tempo di veder rispettata la propria privacy. L’utente medio – spesso per fretta, complessità delle istruzioni, oppure per obbligatorietà per procedere nell’operazione – tende ad ignorare gli avvisi nel momento in cui viene richiesta l’autorizzazione al trattamento dei dati personali. Tuttavia, sia la legislazione che le aziende digitali forniscono un sempre crescente numero di strumenti per il consumatore per preservare la proprietà, il controllo e la gestione dei dati. In quest’ottica, una maggiore cooperazione tra attori pubblici e privati sarebbe auspicabile per favorire una maggiore educazione civica digitale.

          La tutela della privacy dei consumatori è inoltre strettamente connessa con una questione sempre più importante, quella della sicurezza dei dati. Riservatezza e sicurezza sono due facce della stessa medaglia e richiedono sicuramente attenzione e coordinamento da parte dei settori pubblico e privato. È importante che i cittadini/consumatori siano consapevoli delle modalità con cui i dati sono raccolti e trattati e siano informati con chiarezza sulle conseguenze dei suoi atti su Internet.

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