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Attività

Verso le elezioni europee

    • Roma
    • 20 Marzo 2019

          Alla fine si voterà per l’Europa. Continueranno certo a contare i partiti dei singoli Paesi  e i temi nazionali avranno certo importanza per i cittadini chiamati al voto. Ma alla fine sarà una nuova idea di Europa ad essere la posta in gioco.  Perché stavolta come non mai  la costruzione europea verrà giudicata politicamente. Due macroaree politiche – una più tradizionale afferente alla grandi famiglie dei popolari e dei socialisti e una di nascita recente , ovvero i gruppi che si rifanno al populismo e al sovranismo – si confronteranno aspramente. In sostanza, molto più di altre volte, ci si aspetta una campagna elettorale brillante, ancorché divisiva.

          Le analisi pre-voto indicano che la maggioranza dei partiti tradizionali dovrebbe reggere l’onda d’urto del sovranismo e del populismo. Ma non senza difficoltà e soprattutto con una grande sfida davanti. Se infatti qualcosa è andato storto nella storia europea degli anni passati, spetterà alla nuova leadership non solo prenderne atto, ma porre in essere idee e azioni innovatrici e riformiste.  Se, stando ai dati e ai sondaggi, i partiti tradizionali potranno continuare a governare non saranno in grado di farlo da soli, ma dovranno aprire ad una coalizione con verdi e liberali che sono ad oggi accreditati di discreti risultati. Dal canto suo l’altro fronte, quello  populista e sovranista, non solo emergerà nutrito e forte, ma non farà un’opposizione di facciata, bensì sarà profondamente motivato a creare ostacoli e a combattere le sue battaglie.

          C’è chi sostiene che dalle urne dovrebbe anche uscire un riequilibrio” qualitativo” e non quantitativo come ad esempio  l’eventuale spostamento del PPE su posizioni ultraconservatrici. Nel caso di una coalizione con i liberali e i verdi, si potrebbe invece ipotizzare qualche cambiamento, benché non sostanziale,  nelle idee e nell’attuazione dei programmi.  Non secondaria inoltre è la questione Brexit. Gli inglesi parteciperanno alle elezioni del 26 maggio? Se questo accadrà saranno i socialisti a trarne vantaggio aumentando i voti con i consensi dei laburisti inglesi.  Se invece la Gran Bretagna non parteciperà al voto allora ovviamente ci sarà un riposizionamento quantitativo e un ridisegno del peso dei vari Paesi.

          Non va però dimenticato che negli anni la percentuale dei votanti è significativamente diminuita  – fino all’ultimo dato molto basso  del 42% –  e anche la composizione è profondamente mutata: morte le ideologie il voto è  oggi “fluido” e si indirizza, volta per volta, per obiettivi e per problemi da risolvere, senza che questi vengano inquadrati in un sostrato di cultura politica definita e in una appartenenza ad un’ area culturale piuttosto che ad un’altra.

          Comunque vada sarà, in ogni caso, un Parlamento più debole. E questo significherà una non facile gestione della procedura di nomina del Presidente della Commissione, dei Commissari, del Presidente della Bce e dell’Alto Commissario per la Politica Estera e di Difesa. Con un Parlamento frastagliato in cui la collocazione di alcuni gruppi – ad esempi da parte italiana il Movimento 5 Stelle e Lega  – non ancora definita, il rischio bocciatura potrebbe essere dietro l’angolo. Questo scenario, possibile e neanche tanto improbabile, nasce anche da due fondamentali carenze: l’assenza di partiti europei veri, cioè transnazionali e il fatto che la politica europea venga ancora considerata politica estera e non politica interna – ovvero “dentro” l’Europa, cioè fatta propria dai vari Stati che compongono l’UE.  In questo quadro resta strategico il ruolo giocato dagli Stati nazionali. Alla fine  saranno i governi ad esprimere i loro candidati a Commissari e ad esprimere la Presidenza. Ovvero, ancora una volta, prevarrà il metodo intergovernativo perché manca una visione europea completa, sia essa federale o confederale.

          C’è però di nuovo che l’Europa, come buona parte del resto del mondo, è diventata un laboratorio dove sarà necessario assumere decisioni che rispondano alla sempre maggiore richiesta di sicurezza, di protezione, di identità, di difesa dei confini nazionali, di rilancio della crescita economica. Tutte esigenze che i cittadini europei, a prescindere dalla loro idee politiche, stanno esprimendo con grande forza e che nell’urna conteranno parecchio. La campagna elettorale è iniziata e sarà interessante vedere se e come i partiti – siano essi  tradizionali  o di nuova formazione – avranno la capacità di rispondere a queste fondamentali questioni.

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