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Attività

Una nuova Costituzione: le riforme condivisibili

    • Roma
    • 15 Febbraio 2017

          Il 4 dicembre il referendum costituzionale ha dato un risultato che non ammette dubbi: l’elettorato ha respinto la proposta di riforma costituzionale voluta dal governo Renzi. La stessa sorte toccò, nel 2006, al progetto presentato e sostenuto da una maggioranza di centrodestra.

          La risposta dei cittadini, allora come oggi, è stata chiara. Ma le esigenze che avevano spinto a modificare la seconda parte della Costituzione restano intatte. La globalizzazione, le profonde trasformazioni sociali e la crisi economica richiedono assetti istituzionali che abbiano maggiore efficacia, siano efficienti e sappiano rappresentare meglio i cittadini. Ma come arrivarci?

          Se appare difficile che il processo possa ripartire in Parlamento nell’attuale legislatura, è altrettanto vero che l’esperienza del 2006 e del 2016 può essere utile per evitare errori e riavviare la spinta riformista in modo più sicuro.

          L’insegnamento più importante è quello di separare le riforme istituzionali dal programma dei governi. Utilizzare ambiti diversi consente al confronto (e al successivo referendum confermativo) di rimanere circoscritto all’oggetto delle riforme, evitando di trasformarlo nella valutazione dell’esecutivo che le ha volute.

          Altro elemento è quello della chiarezza del progetto. Deve essere comprensibile al pubblico più ambio possibile e perciò semplice e univoco. A tale scopo è meglio fare il minimo indispensabile, piuttosto che il massimo possibile. Pensando a una riforma puntuale, traducibile in alternative chiare, capaci di inserirsi efficacemente anche nell’universo dei social.

          Strada diversa dovrebbe essere percorsa, invece, per le riforme di sistema. Per esse sarebbe utile ipotizzare una modifica dell’articolo 138, prevedendo una Convenzione per le riforme. Un’assemblea eletta a suffragio universale, con sistema proporzionale, con l’unico compito di trovare – in un tempo definito -il miglior compromesso possibile sulle riforme necessarie. Un organo di questo tipo per la sua composizione, per l’essere svincolato dall’attività legislativa e dal rapporto fiduciario con l’esecutivo, dovrebbe essere il luogo migliore per portare a sintesi le culture, le aspirazioni e gli interessi presenti nel Paese.

          Naturalmente la realizzazione di riforme di sistema ha necessità di un sistema politico che abbia valori largamente condivisi. Un obiettivo difficile e sicuramente non immediato nell’attuale fase di transizione.

          Con i partiti politici in crisi di rappresentanza e in affanno nell’intercettare le giovani generazioni, la strada più sicura per realizzare le riforme necessarie appare quella di lavorare nel sistema istituzionale che sta subito sotto la Costituzione, ma che è in grado di influenzarne l’attuazione anche in modo rilevante.

          Semplificazione dei processi amministrativi, nuovo ruolo e funzioni diverse per il CNEL (facendone una agenzia di valutazione delle politiche pubbliche), una nuova organizzazione e un apparato servente adeguato ai tempi per la Presidenza del Consiglio, ma soprattutto una riforma dei regolamenti parlamentari possono essere le strade più comode da seguire.

          Intervenendo sulle regole delle Assemblee legislative, potrebbe essere possibile ipotizzare – nel rispetto dell’alveo costituzionale – una serie di modifiche procedurali finalizzate sia a razionalizzare la navette tra le due Assemblee, che a favorire una specializzazione delle funzioni esercitate da ciascuna Camera. Inoltre, sempre per via regolamentare, è possibile ridurre i costi del Parlamento unificando e razionalizzando strutture e servizi e si può contribuire a una moralizzazione della vita politica disciplinando l’adesione ai gruppi (conciliando divieto di mandato imperativo con l’impegno preso davanti agli elettori). Infine, l’introduzione del voto a data fissa, oltre a migliorare l’efficienza dell’azione del governo, può svolgere una funzione deflattiva della decretazione d’urgenza e dei maxi emendamenti e contribuire alla razionalizzazione della legislazione delegata.

          Tutte queste riforme, realizzabili a Costituzione invariata, avrebbero anche il pregio di riportare il Parlamento al centro del sistema politico istituzionale, dopo una stagione in cui è sembrato svolgere solo un ruolo di mero ratificatore.

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