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Attività

Rethinking energy security: economics and geopolitics

    Aspen Energy Forum
    • Roma
    • 20 Gennaio 2015

          Il basso prezzo del petrolio e la conseguente volatilità stanno determinando instabilità nei mercati energetici. E le cose non tenderanno a cambiare, almeno per un po’. La scelta effettuata dall’Opec di mantenere inalterati i livelli di produzione nonostante il calo dei prezzi ha sollevato alcune questioni, a cominciare dal ruolo dell’Arabia Saudita nella decisione finale assunta dal cartello tra i paesi produttori di petrolio. I sauditi infatti, potrebbero avere tutto l’interesse a colpire avversari come l’Iran e forse il Venezuela e la Russia. Non tagliare la produzione significa lasciare agire la libera concorrenza: presentandosi come un produttore a basso costo, l’Arabia potrebbe escludere dalla competizione i paesi che producono a costi più alti.

          L’Opec in questo modo ha perso il suo ruolo strategico nel concordare la quantità e il prezzo del petrolio esportato dai paesi produttori. Si può pensare ad uno shift verso altre organizzazioni, come ad esempio il G20, che peraltro includerebbe paesi esportatori che attualmente non fanno parte dell’Opec. Secondo alcuni analisti, in questo momento di crisi economica e di forte volatilità destabilizzante i prezzi avrebbero dovuto essere gestiti e non lasciati liberi.

          Inoltre, a minori costi delle risorse avrebbero dovuto corrispondere maggiori investimenti e, quindi, una crescita nell’economia. Trovarsi in una situazione di bassa inflazione e bassa crescita non è una buona notizia: il clima di incertezza e la volatilità dei prezzi hanno infatti scoraggiato gli investimenti proprio per il timore di un basso ritorno economico.

          Altro tema è il gap tra Europa e Stati Uniti, dovuto principalmente alla produzione di shale gas americano che ha portato ad una riduzione dei costi nella produzione industriale, lasciando così la crisi alle spalle. Differente è la situazione europea, che deve affrontare una forte inefficienza infrastrutturale, la dipendenza per le forniture da paesi ad alto rischio geopolitico, la mancanza di regolamentazione e di un mercato “unico”. Gli accordi “energetici” nell’ambito del TTIP saranno certamente fondamentali per una maggiore/migliore cooperazione tra Stati Uniti e Unione Europea.

          Tuttavia i problemi europei hanno diverse soluzioni. Innanzitutto la diversificazione negli approvvigionamenti di energia attraverso nuove scelte strategiche. Ai consueti fornitori ne andrebbero affiancati di nuovi: l’Africa offre un altissimo potenziale e chiede investimenti stranieri sul territorio, anche per far crescere le proprie economie. Da un punto di vista geopolitico una cooperazione tra Europa e America nel territorio africano aiuterebbe il contenimento della Cina, sempre alla ricerca spasmodica di materie prime. E ancora: visto il fallimento – almeno per ora – del progetto South Stream e delle difficoltà di rifornimenti nell’asse est-ovest, converrebbe all’Europa tentare un asse nord-sud. L’Europa meridionale potrebbe diventare l’hub per la fornitura di energia al resto del continente. Il raggiungimento di questo obiettivo porta al secondo tema: migliorare l’efficienza infrastrutturale attraverso una maggiore efficienza dei rigassificatori, che consentirebbe di evitare sprechi e perdita di risorse per eccesso di competitività.

          Infine, sia in una logica di investimenti infrastrutturali che di nuove “alleanze”, è necessario che l’Europa elabori una strategia comune e una regolamentazione che consenta non solo di creare un mercato interno dell’energia, ma anche di attrarre investimenti dall’estero, ora scoraggiati dalla frammentazione esistente.

          Le vie che l’Europa deve, dunque, percorrere per colmare il gap energetico con gli USA passano attraverso il superamento della frammentarietà regolatoria in favore di una visione strategica comune che garantisca sicurezza energetica (attraverso la diversificazione degli approvvigionamenti e del rischio geopolitico), maggiori investimenti nelle energie alternative e miglioramento dell’efficienza degli impianti esistenti.

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