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Attività

Le riforme che servono all’Italia

    • Roma
    • 24 Maggio 2018

          L’avvio della XVIII legislatura sembra prospettare nuovi assetti nella società, tra i partiti e nelle istituzioni. Mutano i rapporti di forza tra i partiti, le relazioni tra di essi, i temi prioritari al centro del confronto. Se il nuovo Parlamento ha acquisito una nuova centralità e anche vero che il governo Cinque Stelle e Lega in via di formazione, frutto dell’alleanza dei partiti vincenti, costituisce al momento la maggiore novità indotta dal risultato elettorale, che peraltro ha fotografato un’Italia duale tra Nord e Sud non più solo economica, ma anche politica.

          Indubbiamente il Parlamento e il futuro Governo si troveranno ad agire in un contesto non facile: Brexit, mutamento dei rapporti con gli USA e una UE divisa nella definizione e nella effettuazione delle politiche necessarie ad uscire dalla crisi economica e a contrastare le forze centrifughe. A questo si aggiungono gli effetti della globalizzazione e i mutamenti nella economia e nella società indotti dall’innovazione tecnologica.

          In questo contesto, la situazione socioeconomica, sia pure in graduale miglioramento, resta la peggiore rispetto agli altri grandi paesi dell’Unione. Il cattivo funzionamento del sistema pubblico, che si manifesta nella crescita del debito pubblico e dell’illegalità induce una crescente sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni. L’inefficienza della macchina amministrativa e l’incertezza del sistema giudiziario sono costi che le imprese faticano a pagare per restare competitive e i maggiori ostacoli all’attrazione degli investimenti esteri.

          A questo si aggiungono una forte e crescente denatalità, un flusso migratorio che ha trasformato la composizione della popolazione italiana, un dissolvimento del ceto medio, il riemergere di un fortissimo squilibrio economico e sociale tra diversi territori del Paese e, infine, un tasso di crescita della produttività costantemente inferiore rispetto agli altri grandi paesi europei.

          Vi è, dunque, una grande attesa (speranza) che si riesca non solo ad avviare una stagione di cambiamenti proficua per il Paese, ma anche a superare una condizione di crescente separatezza tra la politica e la società, rinnovando così il patto con larghe fasce della popolazione spostatesi su posizioni critiche e di sfiducia.

          Dal punto di vista delle riforme istituzionali le esperienze di questi anni hanno insegnato quanto segue:

          1. Le riforme istituzionali non devono essere espressione della maggioranza di governo, né tantomeno rientrare nel programma dell’esecutivo. L’obiettivo è quello di avere una maggioranza parlamentare la più ampia possibile;
          2. In presenza di un quadro politico basato su un sistema proporzionale è meglio concentrarsi su riforme costituzionali puntuali.
          3. Buone riforme sub-costituzionali hanno la possibilità di incidere sul funzionamento dello Stato in modo strutturale ottenendo un vasto consenso.

          Queste considerazioni sembrano corrispondere anche alla fase presente, in cui alcune misure previste nel “contratto di governo” sono destinate a suscitare una forte dialettica parlamentare tra la nuova maggioranza e le diverse opposizioni, mentre altre sembrano idonee a favorire larghe intese.

          La prospettiva che si propone è quella di aprire in Parlamento, accanto ad una forte dialettica sulle politiche di governo, un tavolo di confronto sui processi evolutivi che riguardano la ridefinizione del sistema istituzionale e le connesse riforme di rango istituzionale o alto valore civile e sociale che possono essere condivise. Uno spazio che comprenda in primo luogo le istituzioni e le riforme che le riguardano, ma che possa anche includere alcune grandi questioni corrispondenti ad interessi generali di lunga durata del Paese quali ad esempio welfare, scuola  e riduzione del debito.

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