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Attività

La politica industriale per la digital transformation

    • Milano
    • 27 Marzo 2017

          Fabbriche intelligenti, città interconnesse, cinquanta miliardi di oggetti collegati alla rete entro il 2020. Questi sono alcuni degli elementi della rivoluzione digitale che sta trasformando il tessuto economico e sociale tanto dei paesi avanzati quanto di quelli in via di sviluppo. Si tratta di un’accelerazione tecnologica che cambia le regole del gioco e apre le porte alla manifattura 4.0. Tanti i benefici promessi: massima flessibilità nei volumi, maggiore velocità nel passaggio dalla prototipazione alla produzione in serie, aumento della produttività e riduzione degli scarti.

          La trasformazione in atto è senza precedenti. A differenza delle rivoluzioni industriali del passato, quella digitale non si basa su una singola tecnologia abilitante, come la macchina a vapore o l’elettrificazione, ma su un insieme di innovazioni che, grazie alla rete, vengono ad aggregarsi in modo sistemico in nuovi paradigmi produttivi. Al momento circa 14 miliardi di sensori sono collegati a magazzini, sistemi stradali, linee di produzione in fabbrica, rete di trasmissione di energia elettrica, uffici, abitazioni. Nel 2030, si stima che oltre 100 miliardi di sensori collegheranno l’ambiente umano e naturale in una rete globale, intelligente e distribuita.  Il confine tra industria e servizi diverrà sempre meno netto, con un crescente coinvolgimento delle imprese manifatturiere in attività di servizio.

          Non cambia, però, soltanto il modo di produrre. Cambiano i modelli organizzativi, le modalità d’interazione con i clienti, il modo di lavorare. Per sopravvivere in un contesto così dinamico, le aziende, senza distinzione dimensionale o settoriale, devono adattarsi prima di essere travolte dall’onda tecnologica. Nuove strategie di mercato sono necessarie per un’economia che diventa sempre più circolare e votata alla condivisione, piuttosto che alla proprietà privata.

          L’Italia è la seconda manifattura d’Europa e la terza al mondo. Cogliendo completamente le potenzialità e opportunità create dalle nuove tecnologie digitali, le imprese italiane potrebbero conquistare nuove quote di mercato all’estero e creare grandi opportunità occupazionali. Il Piano Nazionale Industria 4.0 va nella giusta direzione. Il policy mix adottato, con il suo portafoglio di incentivi e agevolazioni per le imprese (iperammortamento, superammortamento e credito d’imposta alla ricerca) faciliterà l’adozione delle tecnologie digitali di ultima generazione.

          Al momento, però, mancano un’adeguata attenzione alla formazione delle competenze necessarie per l’economia del futuro così come una forte rete di cooperazione tra università e imprese per la creazione, e non solo l’assimilazione, di nuove tecnologie. Infine, non vengono identificati in modo efficace quei settori nei quali l’Italia possiede un vantaggio comparato rispetto al resto del mondo, come arte e turismo, e nei quali impiegare in modo massiccio le nuove tecnologie.

          Vi è un poi un problema di carattere culturale e imprenditoriale. Ancora poche imprese hanno un’effettiva conoscenza delle potenzialità dell’Industria 4.0. Mancano la diffusione di buone pratiche e la dimestichezza tecnologica. Inoltre, la crisi ha cambiato le regole del gioco e la leadership sul mercato domestico non è più sufficiente. Per affrontare gli scenari competitivi globali e non perdere le opportunità offerte dai mercati in crescita, l’Italia ha bisogno di una politica industriale integrata, chiamata a sostenere le imprese nelle loro strategie di digitalizzazione e internazionalizzazione, consentendo il diffondersi della digital transformation a tutti i comparti dell’economia.

          A piccoli passi, la Quarta Rivoluzione industriale prende piede anche in Italia. Ma bisogna affrettarsi. Germania e Giappone stanno già discutendo possibili partnership per la manifattura 5.0. Non si può rimanere indietro.

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