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Attività

Impresa, Formazione, Ricerca

    • Roma
    • 20 Gennaio 2016

          L’incontro-dibattito “Impresa, Formazione Ricerca”, tenutosi in occasione della presentazione dell’e-book “L’Italia e il Rinascimento manifatturiero” ha voluto analizzare quali nuove sinergie tra ricerca, formazione e impresa sono necessarie al  fine di cogliere pienamente le opportunità offerte dal rinascimento manifatturiero. Nel 2009 un professore del MIT coniò l’espressione “Rinascimento Manifatturiero” quando, terminata la sbornia della economia di carta e del predominio della finanza, soprattutto negli Stati Uniti cresce la consapevolezza dell’urgenza di rilanciare l’economia reale: avere una robusta componente industriale nel PIL è un fattore di stabilità per il futuro del Paese.

          D’altro canto anche l’Europa si muove in questa direzione ponendosi come obiettivo per il 2020 di raggiungere il 20% di PIL prodotto dall’industria, al fine di garantire sicurezza. Attualmente la media europea è 16%. L’Italia è al 16,5-17%, nonostante si siano bruciate negli anni della crisi il 25% delle capacità produttive. Naturalmente il dato, se osservato territorialmente, mostra un’Italia centro-nord con una incidenza dell’industria sul PIL simile alla Germania, mentre nel cento-sud il tessuto industriale, molto frammentario, raggiunge risultati inferiori.

          La rivoluzione o il rinascimento del manifatturiero rischia di non dare gli effetti sperati in termini di sviluppo, occupazione e ricchezza se non è accompagnata da tre fattori fondamentali:

          • la presenza di infrastrutture efficienti e moderne: parlare di internet delle cose in assenza di banda larga diffusa ed efficiente è come produrre automobili moderne senza che vi siano le strade per farle circolare;
          • una burocrazia che cessi di essere una pastoia per le imprese e trovi reali forme di efficienza e semplificazione;
          • un sistema formativo in grado di produrre tecnici competenti ad ogni livello, non solo universitario. In Italia esistono delle eccellenze universitarie e nel complesso il sistema non è così carente come alcune statistiche lo vogliono dipingere. È però necessario che formazione e ricerca siano in grado di fare sistema e che il loro livello medio complessivo sia all’altezza delle sfide proposte dall’innovazione produttiva.

          I processi di rinnovamento della proposta formativa e i collegamenti scuola-impresa – attuati sia centralmente che a livello territoriale – si scontrano con eredità del passato, con differenti capacità territoriali, con resistenze interne estranee a logiche di concorrenza, con nuovi strumenti legislativi che vanno migliorati in alcuni aspetti e, infine, con una scarsità di risorse economiche disponibili. È necessario radicare un nuovo modello culturale e formativo basato su alcune principali linee di azione: l’ammodernamento e la creazione di Istituti professionali in grado di produrre tecnici altamente qualificati e socialmente gratificati. Attraverso una maggiore flessibilità didattica si dovranno creare corsi di laurea maggiormente rispondenti alle realtà produttive, separando i percorsi per i ricercatori da quelli più legati al mondo produttivo. Se da una parte si dovrà ripensare o, quantomeno, valutare dal punto di vista occupazionale l’efficacia della laurea breve, dall’altra è necessario accelerare i percorsi formativi per essere realmente competitivi: cercare lavoro dopo i trent’anni  significa trovarsi svantaggiati rispetto ai coetanei di altri paesi che hanno già una carriera.

          • Antonio Calabrò, Angelo Maria Petroni, Giorgio Giovannetti e Valentina Aprea
          • Angelo Maria Petroni, Giorgio Giovannetti, Valentina Aprea e Fabio Pammolli
          • Antonio Calabrò e Giulio Tremonti
          • Ivanhoe Lo Bello e Angelo Maria Petroni