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Attività

Il lavoro del futuro

    • Milano
    • 20 Novembre 2015

          Le grandi innovazioni tecnologiche stanno profondamente trasformando il concetto di lavoro. Cambiano la sua organizzazione, le sue tipologie, i suoi luoghi. Cambiano le istituzioni che lo regolano e il ruolo dei lavoratori all’interno di processi produttivi, sempre più digitalizzati e automatizzati. Cambia il rapporto di forza tra lavoro e capitale. Prevedere il lavoro del futuro richiede uno sforzo d’immaginazione enorme, ma indispensabile per cogliere opportunità e contenere potenziali rischi.

          Dalla Rivoluzione Industriale a oggi, il lavoro si è evoluto in modo considerevole. Da attività individuale e artigianale, spesso domestica, si è passati al lavoro collettivo, organizzato e segmentato. I macchinari hanno alleviato il lavoro fisico, i computer hanno supportato quello intellettuale. Tuttavia, queste grandi trasformazioni del passato sono state graduali, spesso limitate a certe professioni, almeno nelle loro fasi iniziali. Oggi, invece, i cambiamenti sono repentini, trasversali e dirompenti.

          Robotica, intelligenza artificiale, big data, clouding, Internet delle cose, stampanti 3-D e 4-D sono solo alcune delle nuove tecnologie che stanno irrompendo con forza: a livello organizzativo, smart working, telelavoro e disintermediazione diventeranno sempre più diffusi. Secondo uno studio dell’Università di Oxford, entro il 2030, computer e robot renderanno superfluo il lavoro umano in circa il 47% delle professioni. L’entità del cambiamento è così forte che oggi non è possibile identificare le dieci categorie d’impiego più importanti nel 2025. Tutto ciò crea il timore che la disoccupazione tecnologica di keynesiana memoria possa diventare sempre più diffusa, portando alla progressiva scomparsa della classe media.

          I sintomi di queste rivoluzioni future sono già in parte evidenti oggi. Lo skill mismatch è sempre più diffuso. Malgrado un esercito di disoccupati, si stima che circa il 27% delle nuove posizioni lavorative rimangano scoperte per l’assenza di candidati qualificati. Secondo dati della Commissione Europea, entro il 2020 l’Europa avrà bisogno di almeno 900.000 professionisti del digitale.

          Nonostante le grandi sfide e incognite poste da queste trasformazioni epocali, le opportunità non mancheranno. Per coglierle, tuttavia, sarà necessario adottare politiche lungimiranti, mostrando un’attenzione particolare all’istruzione tecnica, all’apprendimento continuo, alle soft skills e all’equa redistribuzione della ricchezza. Se si rimarrà inerti, invece, non si comprometterà soltanto la competitività del paese, ma anche la stessa stabilità dell’ordine sociale.   

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