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Attività

Il futuro della banca, la banca del futuro

    • Milano
    • 24 Giugno 2019

          Strette fra i fattori che deprimono la redditività e la concorrenza delle aziende fintech, le banche sono costrette a innovarsi. In uno scenario europeo penalizzato da bassi tassi di interesse, gli istituti di credito italiani soffrono anche per la scarsa crescita economica del Paese e per l’andamento dei titoli di Stato di cui sono fra i principali detentori. A tutto questo si aggiunge un quadro normativo europeo che ha continuato ad evolversi negli ultimi anni e ha posto come priorità una riduzione del rischio collegata ai crediti deteriorati. La veloce pulizia dei bilanci, attuata dalle entità finanziarie con risorse private, ha penalizzato ulteriormente il settore bancario nazionale rispetto ad altri sistemi che sono riusciti a intervenire per tempo con risorse pubbliche e che presentano fattori di rischio in altre voci del bilancio, ad iniziare i derivati, su cui i riflettori dei regolatori europei non si sono ancora accesi adeguatamente.

          Il risultato è quello di un settore del credito ancora frammentato, in cui il mercato non premia le entità impegnate nel consolidamento, e molto concentrato sul taglio dei costi più che sugli investimenti. Invece gli investimenti, specialmente quelli in tecnologia, dovrebbero essere fra le priorità delle banche italiane. Il crescente mercato fintech caratterizzato da innovazioni rapide e dirompenti di processo e prodotto – non ultimo il lancio di una nuova moneta, Libra, da parte di Facebook – spiazza infatti gli operatori tradizionali del credito, chiamati a competere con aziende molto più agili, meno costose e soprattutto non obbligate a sottostare a una pesante regolamentazione.

          Emerge così da un lato l’esigenza di chiedere regole del gioco comuni che mettano banche e fintech nelle stesse condizioni; dall’altro la necessità di trovare il modo per innovare il business all’interno dei limiti posti dall’attuale situazione normativa ed economica. Il successo che hanno ottenuto alcuni consorzi bancari, poi trasformati in aziende competitive slegate dall’azionariato delle banche, dimostra che la cooperazione fra istituti può portare a forme di innovazione di successo in determinati settori, ad iniziare da quello dei sistemi di pagamento. Un’altra strada percorribile è quella dell’alleanza fra attori bancari e piccole/medie fintech, con l’obiettivo di creare massa critica capace di competere con le multinazionali del settore digitale.

          In questa sfida le banche hanno anche carte importanti da giocare. Mentre il fintech elimina gli intermediari, il settore bancario ha un grande patrimonio di fiducia, molto apprezzato da utenti e aziende quando si sale nella catena del valore. Se ormai nel settore Retail la battaglia sembra essere stata vinta dai nuovi operatori digitali, i segmenti Corporate e Private possono essere presidiati grazie alla qualità del servizio e del contatto umano.  Del resto solo così, puntando sulla forza del servizio, della fiducia e della qualità,  – in un mondo in cui il digitale fa crescere esponenzialmente i servizi ma anche i reati – le banche possono giocare un ruolo nel futuro del settore finanziario. Uno sforzo che però non può essere ostacolato, e che anzi deve essere accompagnato, da regolatori e policy makers.

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