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Attività

Fare impresa nel Mezzogiorno: una sfida possibile

    • Savelletri di Fasano (BR)
    • 26 Maggio 2017

          Lo sviluppo stabile del Mezzogiorno è la condizione indispensabile per il rilancio dell’economia nazionale. A tal fine, in una prospettiva pragmatica e non retorica, è essenziale considerare il Sud come una possibilità reale per innalzare il livello di crescita del Paese.

          Il censimento sulle medie imprese italiane che la fondazione La Malfa pubblica ogni anno, insieme a Mediobanca, evidenzia che la crisi globale degli ultimi anni ha portato a una diminuzione del 20% delle medie imprese al Sud del Paese: la crisi ha colpito il Mezzogiorno in maniera molto più drammatica rispetto soprattutto al Nord-Est, evidenziando elementi di debolezza e vulnerabilità che erano già ben noti. D’altro canto, i dati evidenziano come le medie imprese meridionali abbiano una produttività e un’efficienza pari a quelle del resto del Paese.

          La grande sfida è dunque quella di creare un ambiente dove le medie imprese trovino terreno fertile per nascere e prosperare. Molte delle politiche economiche degli ultimi anni non hanno considerato a sufficienza l’importanza del contesto nel favorire l’industrializzazione del Mezzogiorno attraverso la media impresa.

          È necessario quindi un totale ripensamento dell’intervento pubblico. La globalizzazione, pur creando problemi per i pesi più sviluppati, crea opportunità e alimenta nuova domanda di consumi di qualità, che costituiscono un’occasione per valorizzare le risorse locali di cui il Meridione in particolare è molto ricco. Lo scarto tra dotazione di risorse e valorizzazione e attivazione delle stesse non è nella disponibilità di finanziamenti per le iniziative private; dipende invece dalla capacità strategica di far avanzare la dimensione dei beni collettivi in termini di accessibilità e funzionalità, anche attraverso una migliore sinergia pubblico-privato. Occorre sostenere la capacità dei territori di produrre beni collettivi attraverso la messa a fuoco delle politiche nazionali ed europee.

          Esistono comunque alcuni segnali incoraggianti, anche se parziali: nel 2015, per le medie imprese meridionali, si sono rafforzati i dati positivi già emersi nel 2014 e si registra un certo aumento di efficienza: se le PMI più deboli tendono a ridurre la propria taglia o a uscire dal mercato, quelle più solide si consolidano e migliorano i risultati economico-finanziari.

          Si è discusso poi del fattore infrastrutturale come condizione indispensabile della crescita, legato strettamente alla riqualificazione urbana e all’efficienza energetica. Un sistema di collegamenti più efficiente è decisivo sia in chiave locale sia verso i maggiori hub nazionali (come Milano) ed europei (in particolare i Paesi dell’area mediterranea) per sfruttare nuove opportunità.

          È stato notato anche che esistono differenze significative tra le varie aree del Mezzogiorno, una situazione non uniforme quanto a capacità di integrarsi con altre regioni del Paese e di agganciare opportunità internazionali.

          Il Mezzogiorno ha bisogno di una cultura imprenditoriale più innovativa che sfrutti le proprie peculiarità e faccia emergere i casi di successo. Una via da seguire è quella dei cluster industriali avanzati, che possono meglio adattarsi alle specifiche realtà locali e creare delle filiere: in particolare, un forte collegamento tra i settori agroalimentare, dell’artigianato e del turismo ha un chiaro potenziale virtuoso. Inoltre, può essere un modo per superare la frammentazione del tessuto imprenditoriale per meglio posizionarsi sui mercati.

          Sono necessarie, in ogni caso, anche scelte politiche che perseguano strategie di ampio respiro – sia a livello strettamente nazionale, sia nel più ampio quadro europeo. Le classi dirigenti devono ragionare in termini di “bene comune”, con iniziative pragmatiche legate a una visione d’insieme. Le istituzioni – a cominciare dall’amministrazione della giustizia – sono infatti decisive per dar vita a un contesto che incoraggi gli investimenti e la crescita.

          Un ruolo centrale, soprattutto per la creazione di capitale umano ma anche di “capitale sociale” adeguato, è quello giocato da istruzione e formazione: molte esperienze recenti indicano l’esigenza di un raccordo con il mondo delle imprese perché vi siano benefici tangibili sul piano occupazionale.

          Il futuro del Mezzogiorno dipende anche dalla capacità delle classi dirigenti di finalizzare il potere alla cura del bene comune, coltivando l’integrità e la competenza.

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