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Attività

Dei delitti e delle pene: giustizia ed economia politica

    • Roma
    • 26 Novembre 2014

          Un successo che oggi si definirebbe planetario, una grande eco in Italia, un’influenza sui Founding Fathers negli Stati Uniti e sulla costituzione napoleonica in Francia: il celeberrimo “Dei Delitti e delle Pene” venne pubblicato nel 1764 in forma anonima e due anni dopo, vista già la grande affermazione, esce nuovamente, ma questa volta a firma di Cesare Beccaria.

          Personalità poliedrica, uno dei maggiori esponenti dell’Illuminismo e del liberalismo italiano Beccaria  – come si legge nel messaggio inviato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Seminario internazionale organizzato da Aspen Institute Italia e dall’Istituto della Enciclopedia Italiana  – “ha influenzato in modo determinante lo sviluppo della cultura e della scienza penalistica europea, segnando una tappa fondamentale nel cammino verso lo stato di diritto”.

          Nell’opera di Beccaria è chiaramente riconoscibile una delle fonti originali della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: nasce nel pensiero occidentale quella cultura dei diritti che forma l’ossatura del pensiero moderno.  Accanto alle tesi innovative e alla profonda cultura giuridica, filosofica ed economica Beccaria poté contare anche su una non comune capacità comunicativa. E le sue idee travalicarono l’Oceano influenzando i padri della nazione americana: George Washington conosceva e apprezzava le sue tesi e Thomas Jefferson le aveva lette in italiano. Consuetudine di quegli anni era anche lo scambio con la grande tradizione illuminista francese: Diderot e Helvetius elogiano Beccaria. Voltaire pubblicherà nel settembre 1766 un lusinghiero commento su “Dei Delitti e delle Pene”, contribuendo all’affermazione definitiva dell’autore e delle sue tesi.

          Beccaria propone l’abolizione della pena di morte contestandone  il suo carattere dissuasivo e accettandola solo in caso di una minaccia per la sicurezza della nazione. E per questo, più di due secoli dopo  – nel 1982 – viene elogiato da Robert Badinter, uno dei protagonisti della rimozione della pena capitale dall’ordinamento francese:  “fino a Beccaria nessuna grande voce si era levata per chiedere l’abolizione della pena di morte. Per questa audacia innovativa, l’onore va tutto a lui”.  E, nel 2014, ben 114 stati aderiscono alla moratoria frutto di un’iniziativa italiana in sede ONU.

          L’eliminazione della tortura e della pena capitale non fu chiesta per motivi umanitari, ma come simbolo per rimediare alla rottura di un patto sociale. Un vero e proprio “manifesto di politica criminale” quello di Beccaria: alla pena, ieri  come oggi, viene riconosciuta una funzione preventiva e vale ancora  la tesi della necessità di avere certezza della pena e prontezza nell’applicazione. L’odierno ordinamento italiano soffre di una cronica lentezza dei processi e, quindi, la prontezza dell’applicazione della pena, cara a Beccaria, non trova attuazione.  Una riforma è, quindi, urgente: un processo di giusta durata, una riforma della prescrizione, una soluzione al sovraffollamento delle carceri, un problema  – quest’ultimo – sostanzialmente irrisolto dai tempi in cui era stato denunciato da Piero Calamandrei. In questo quadro il governo italiano ha annunciato nel corso del Seminario la convocazione degli “Stati Generali del carcere” per individuare soluzioni a un problema non più tollerabile.

          Il governo ha anche annunciato a breve un intervento sulla prescrizione e sulla ragionevole durata dei processi. E punta molto anche sull’adeguamento telematico delle strutture giudiziarie per accelerare le procedure. Cresce inoltre su questi temi anche l’attività parlamentare. Tutto questo con un unico obiettivo, rendere più efficiente il sistema giudiziario: una giustizia che funziona serve al cittadino e, soprattutto, all’economia. Lo pensava già più di due secoli fa Beccaria la cui cultura economica era forse meno nota di quella filosofica e giuridica,  ma in ogni caso solidissima. Oltre ad aver scritto un saggio sulla moneta, l’illustre lombardo concepisce l’idea di quella che oggi si chiamerebbe “cassa integrazione guadagni”, una prima forma solidaristica che verrà poi sviluppata nei decenni successivi arrivando fino ai nostri giorni.

          • Andrea Orlando
          • Armando Massarenti, Giuliano Amato e Franco Gallo
          • Ennio Amodio, Paola Severino e Armando Massarenti
          • Franco Gallo e Giulio Tremonti