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Attività

Contraffazione e commercio illecito: tutelare le imprese e i consumatori

    • Roma
    • 6 Maggio 2015

          Il commercio illecito di beni e servizi, che oggi più di ieri si manifesta nelle forme del contrabbando e, soprattutto, della contraffazione, è un fenomeno endemico e in espansione, in Italia e in Europa. È diretto e alimentato da organizzazioni criminali che hanno realizzato, di fatto, un sistema produttivo ed economico parallelo a quello legale, sottraendo risorse e valore alla collettività. È il Made in Mafia che si contrappone al Made in Italy, danneggiando i consumatori, le aziende che operano nella legalità e i marchi commerciali che, a loro volta, sono messi sotto attacco dal proliferare delle “merci tarocche”. È un mondo quanto mai complesso e articolato: la stessa logica della contraffazione andrebbe declinata al plurale, in quanto il fenomeno cambia a seconda del settore merceologico. 

          Alimenti, tecnologia, abbigliamento, accessori e tabacchi risultano i prodotti più colpiti dal commercio illecito, che impatta in modo significativo le sfere economiche e sociali. Solo in Italia il giro d’affari di merci contraffatte e di contrabbando vale 6,5 miliardi di euro, con una stima di oltre 5 miliardi di mancato gettito per l’erario, senza contare le migliaia di posti di lavoro legali che sfumano per effetto delle pratiche illegittime.

          In questo quadro, il ruolo centrale è quello del consumatore: spesso consapevole nell’atto di acquisto illegale che compie, altre volte ignaro delle conseguenze di un gesto che non valuta completamente nella sua gravità: si tratta infatti di una violazione della legge, ingigantita dalle ricadute in termini sanitari, di sicurezza, sociali, di tutela dei lavoratori convolti in tali processi produttivi. Una nuova etica del consumatore è non solo, auspicabile ma anche necessaria, aumentando la consapevolezza nell’opinione pubblica che il commercio illecito sia parte di un disegno più ampio, orchestrato dalla grande criminalità organizzata transnazionale. È fondamentale la sensibilizzazione e l’educazione del consumatore, attraverso campagne promosse dal privato, ma anche dalle istituzioni.

          Una riflessione compiuta sul tema del commercio illecito non può prescindere dal brand, un tempo inteso come puro “rivestimento” del prodotto, capace di fare la differenza e che oggi è troppo spesso esposto ai rischi del mercato illecito. Le aziende italiane, tradizionalmente di piccola dimensione e polverizzate, non riescono a proteggersi soltanto con i loro loghi o marchi commerciali, il cui valore intangibile deve necessariamente accompagnarsi all’esaltazione del prodotto, il lato tangibile: la sua storia, la sua specificità, il suo radicamento al territorio. È un po’ la ricetta dell’autentico Made in Italy, inteso come prodotto “bello, buono e ben fatto”.

          Quando si passa dall’analisi del fenomeno alle possibili soluzioni necessarie per contrastarlo, il grande tema è legato alla normativa di riferimento. L’imperativo è di proteggere il sistema paese, un obiettivo che si ottiene promuovendo adeguate norme a livello internazionale, anche per mettere al riparo produzioni tradizionali e mestieri antichi dal proliferare di merci dall’Italian sounding, pratica commerciale in sé non illegale, fintantoché non produca consapevoli inganni nei confronti dei consumatori, danneggiando indirettamente chi produce seguendo le regole. Occasioni importanti per migliorare il quadro normativo non mancano, a cominciare dall’accordo transatlantico con gli Stati Uniti, il TTIP, in corso di negoziazione. La normativa nazionale va adeguata ai tempi, seguendo gli esempi virtuosi del passato, come le importanti azioni che negli anni ’90 hanno portato in Italia all’efficace contrasto del contrabbando di tabacchi lavorati.

          La tracciabilità e il controllo delle filiere produttive è l’altra grande conquista da realizzare. Esistono strumenti di tutela e protezione, anche in ambito europeo, ma non bastano: si pensi al tema dell’etichettatura in ambito internazionale, dove tanti, troppi paesi applicano normative divergenti e incompatibili. In tale ottica, la collaborazione tra industria legale e istituzioni – anche attraverso la condivisione di expertise e informazioni – diventa uno strumento ulteriore per contrastare le pratiche illecite, anche perché tali sinergie permettono di individuare le migliori soluzioni tecnologiche di tracciabilità disponibili sul mercato. La discontinuità dell’offerta di prodotti illegali è il primo risultato tangibile e da subito percorribile dell’implementazione di sistemi di tracciabilità.